Sei tracce fra ambient e post-rock che sono sogni ad occhi aperti di synth, echi di chitarre e paesaggi sonori.
“Un uomo si addormenta in un campo aperto in campagna, durante un caldo e afoso giorno d'estate, solo per un minuto. Un minuto che può essere eterno, ma è solo un minuto. L'uomo prova a sognare per cercare di capire il vero significato del vuoto che lo circonda. Alla fine non riuscirà a svelarne il significato e non capirà neanche se in realtà si è poi risvegliato.” ‘Reverie’, il quarto lavoro del musicista sardo Perry Frank si presenta così, con un’architettura di sogno borgesiana a fare da a sfondo alle sei tracce che, in effetti giocano, tutte sui toni cangianti dell’onirico. Un’ambient che più che al relax da musica “di sottofondo”, a cui viene spesso impropriamente associato, sembra puntare verso una pratica meditativa o contemplativa, un afflato di trascendenza nascosto nelle sei rêverie, i sogni ad occhi aperti (DayDream). Forse potrà sembrare un’esagerazione, ma effettivamente, se ci si dispone con l’animo giusto, ci si può davvero perdere nei paesaggi astratti disegnati dalle lente pennellate dei synth di Perry Frank, che quasi sembrano colare mentre cambiano lentamente di forma e colore, negli echi di glitch e nei lenti crescendo delle sei tracce. E forse ci si può anche ritrovare, nei rintocchi vibranti delle chitarre dilatate, che ci riportano ad una dimensione post-rock completamente scomposta e destrutturata, ma sono anche i dettagli che rompono la dimensione contemplativa per aggiungere un tocco di epos, a momenti quasi morriconiano (Abstracions). ‘Reverie’ è un album corposo, lungo e non sempre dalla fruizione semplicissima, ma che all’ascoltatore attento può regalare l’avventura onirica che promette a partire dal titolo.
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La recensione Reverie di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-08-03 11:02:48
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