Daniele Sepe Lavorare Stanca 1998 - Cantautoriale, Folk, Alternativo

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Questo è un cd da leggere attentamente, nel senso che il supporto digitale è in fondo a 60 pagine di dati e commenti. Daniele Sepe ci ha messo un po'di tempo, ma alla fine, lo scorso anno, è riuscito a realizzare il progetto grazie alla Compagnia Nuove Indye. Titolo dell'opera, "Lavorare stanca", un' inchiesta dati alla mano sulla (dis)organizzazione del lavoro in Italia (disparità, elitarismo della scuola, corsie preferenziali e così via) a cura di Luciano Brancaccio, corredata dalle foto dell'archivio storico Italsider Bagnoli, e, contemporaneamente, un cd con 14 titoli difficili da classificare. Nel senso che il punto di partenza è la musica tradizionale del Sud Italia, ma durante il viaggio si incontrano jazz-rock, ska, musica barocca, musica balcanica, attrezzi industriali, Kurt Weill, Goran Bregovic, montati dalla regia zappiana del trentasettenne musicista (ma forse compositore è più appropriato) napoletano. Più compatto del precedente "Spiritus Mundi", ma non per questo meno interessante, "Lavorare stanca" passa tranquillamente dalla musica cameristica di "Zompa chi può" allo ska di "Vinum bonum", che rielabora un Carmina Burana del '200 , attraversa "Black Market" dei Weather Report, "Kanonen song" di Brecht-Weill, il tradizionale jugoslavo "Ederlezi", una tarantella calabrese, il tutto senza fare una piega. La divertente "Storia della musica popolare", compressa in 6' e 41", è più efficace di qualsiasi trattato di sociologia, "Amuri e dinaru" napoletanizza una poesia in siciliano di Ignazio Buttitta. Brillano di luce particolare la stupenda voce di Auli Kokko, cantante svedese a suo agio con qualsiasi lingua, da anni fedele partner artistica di Sepe, e gli arrangiamenti dei fiati, mai leziosi, diretti dallo stesso Sepe al sax. I momenti migliori dell'album sono "Quanno nasciste tu", parente prossima di "Sanacore" degli Almamegretta ( pezzo a cui Sepe prestava il flauto), che ospita Marcello Colasurdo (E'Zezi) alla voce, e "Serenata Carpinese", variazione di un tradizionale pugliese: ritmo reggae, tastiere liquide, crescendo di fiati che sfociano in un intermezzo jazz, introdotto dal piano elettrico, la voce di Auli. Se non fosse ormai un insulto (destino meritato), parleremmo di etno - fusion. Meglio il termine crossover, che si adatta di più allo spirito del disco. Disco fortemente sconsigliato a chi pensa che l'attuale musica popolare napoletana sia quella dell'Orchestra Italiana: mi spiace per voi, ma Daniele Sepe ha strappato le cartoline con Vesuvio, pizza, mandolino. Ah, dimenticavo, "Lavorare Stanca" ha vinto il PremioTenco 1998 per il miglior album in dialetto: confortante segno che, tra un brano di "Canzoni per me" e l'altro, si ricordano ancora della musica d'autore.

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La recensione Lavorare Stanca di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-02-03 00:00:00

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