Il titolo recita “Mystery in the Making, Vol. 2”, ed effettivamente c’è un po’ di mistero nel modo in cui Amusin’ Projects –al secolo Arsen Palestini, veterano della scena hip-hop romana– riesce a dare a questo suo breve ep un senso coerente e unitario, nonostante una genesi che parte da influenze e stimoli differenti e all’apparenza difficilmente conciliabili.
Si inizia con “Lovedown”, nel quale il riferimento al lockdown appena terminato è presentato su una base jazz, opera del producer nipponico NES; segue “First Term Test”, pezzo le cui atmosfere cloudy e vaporose richiamano certi brani dei Gorillaz di “Demon Days”. Il brano successivo, “Hip Hop in the Record Shop”, è una dichiarazione d’amore per il proprio negozio di musica preferito: un pezzo che ci ricorda l’importanza di sostenere i rivenditori locali di musica in questo periodo complicato. “Phantomwise” segue la scia dei Massive Attack, con suoni dilatati e chill, adatti per avviarsi verso la conclusione del disco; l’ultima traccia, “Bring Back the Meaning in Rap”, è una sorta di chiamata alle armi verso i colleghi musicisti, per tentare di opporsi all’azzeramento dei contenuti nei brani e recuperare quella dimensione sociale e politica che l’hip hop ha sempre rivendicato.
Un disco eclettico, dai molti rimandi e riferimenti, che offre uno spaccato breve ma interessante della creatività che si nasconde dietro ad Amusin’ Projects: una conferma che la musica più interessante e stimolante nasce quando un musicista viene lasciato libero di esprimersi.
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