“Anche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno”. Oppure è solo l’orologio rotto che può davvero segnare il tempo, come ci suggerisce Alberto Nemo con il titolo del suo 34esimo disco. Un lavoro particolarmente ambizioso dal punto di vista tematico e musicale per il musicista veneto, che qui prova a spingere un po’ più in su l’asticella della sua ricerca sia dal punto di vista della poetica che da quello della sperimentazione sulla musica essenziale e sulla nemizzazione’’, il processo di riduzione all’essenza della musica che rappresenta il filo rosso della sua ormai imponente discografia. Da un lato il lotto di 5 inediti del disco, che giocano intorno al concetto di tempo (Solo l'orologio rotto può misurare il tempo, L’eterno ritorno): parole e formule ripetute ossessivamente in configurazioni sempre leggermente diverse (la title track, Pi greco), come l’orologio rotto che ad ogni giro segna una concezione diversa del tempo, non lineare (di nuovo, l’eterno ritorno nietzchiano), sopra tappeti di pianoforti ambient, orchestrazioni cupe e ritmiche marziali (Dividendo, Eterno ritorno). Dall’altro lato ci sono le tre cover, tre scelte che è difficile non definire coraggiose: due canzoni dello Zecchino d’Oro e addirittura il recentissimo e criticatissimo tormentone-spot Non mi basta più dell’improbabile coppia Baby K - Chiara Ferragni. Le due famose canzoni per bambini ci si presentano ammantate di un’inedita gravitas, che fa risaltare la surreale amarezza del litigio di Volevo un gatto nero (e qui, mutatis mutandis, il pensiero va all’anfetaminica cover firmata anni fa da Sir Bob Cornelius Rifo), ma soprattutto l’epica disavventura nelle steppe del cosacco Popoff. L’effetto è straniante e leggermente ironico, ‘tongue-in-cheek’ direbbero gli inglesi, ma è impossibile negare almeno un po’ di vero coinvolgimento davanti ad una nuova veste di melodie che, lo vogliamo o no, sono scolpite nella nostra memoria. Di Non mi basta più, una parte del testo è (per fortuna?) tutto ciò che rimane del pezzo, trasformato in una leggera ballata acustica; quasi a voler provocare l’ascoltatore e invitarlo a vedere quelle associazioni di parole da un altro punto di vista. Ecco, con questo lavoro Alberto forse cerca proprio di provocare l’ascoltatore, di mostrargli le potenzialità espressive, interpretative e reinterpretative della sua idea di musica, che lancia a briglie sciolte dopo averla meticolosamente introdotta negli album precedenti. La voglia di stupire forse non fa di ‘Solo l'orologio rotto può misurare il tempo’ lavoro migliore del musicista veneto, ma piuttosto un potenziale punto di svolta di cui vedremo prossimamente gli effetti.
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