Uno degli ultimi singoli estratti dal suo debut album, Non lo farei mai, lasciava presagire una (comunque) gradita riconferma, strofe leggere e ritornelli cantatati, Fernando Alonso ci ha invece restituito un Masamasa non solo più maturo dal punto di vista contenutistico e lirico, ma anche sfaccettato a livello stilistico. La base acustica di Timidezza ricorda un pezzo introverso degli Psicologi, le sfumature rock di Tali e quali e Devi Morire potrebbero persino spingerci ad un paragone con il flow di Salmo, Palma Balneare è una ballata hip-hop degna di Rejjie Snow. Gran parte del merito va alla ricerca - anche un po’ manieristica- dei due produttori, Simoo, storico compagno del mc casertano, e Maiole, producer e cantautore concittadino, alchimisti di un sound capace di strizzare l’occhio all’itpop e allo stesso tempo mantenere il legame con i 90’, con le radici black del genere ben riscontrabili nelle reminescenze soul ed r’n’b sparse per l’intero disco.
Con Masamasa la critica (il sottoscritto per primo) ha abusato del termini graffiti pop, un’etichetta facile da riconoscere, ma difficile da descrivere, del quale poco so dirvi se non che sia rap che piace agli hipster, senza le pretese politiche di Willie Peyote o le velleità cantautoriali di Dutch – Samuele Bernasi- Nazari. Rap che si pone al di fuori dei confini tematici del genere, e quindi si rivolge a un bacino diverso composto da studenti post adolescenti, novelli fuori sede alle prese con l’affitto, che parla di attacchi di vomito prima di un esame all’università a un pubblico che la strada non l’ha mai vissuta, che, presumibilmente, a Marracash preferisce Calcutta.
L’alternativa più fresca alla trap e la risposta più cool alla deriva mainstream di un certo rap ormai sdoganato in tv, Masamasa, a metà tra Mecna e Justin Bieber, incarna la componente più pop dell’hip-hop. E lo fa con grande credibilità.
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