“E’ solo rock’n’roll, ma ci piace” , cantava qualcuno. Come dire, una robetta senza pretese che chiunque sappia strimpellare quattro accordi è in grado di fare. Niente di più sbagliato. Perché una tecnica superficiale non serve per scaldare glutei e cuori di chi balla&suda&sgola laggiù, sotto il palco, dove il pogo è senza regole e la calca riproduce pedissequamente i gironi infernali di dantesca memoria. No, cari. Il rock non è per tutti.
E i Cut – che, per la cronaca, non sono certo approssimativi in quello che fanno – non sono un gruppo qualsiasi. Band storica della scena indipendente italiana, abbinata ad un altro nome fondamentale come Gammapop – il perché dell’indie rock tricolore – ha contribuito pesantemente a ridimensionare i complessi d’inferiorità della nostra musica nei confronti delle invasioni barbariche a sei corde.
“A Different Beat”, quindi. Primo lavoro per Homesleep. Mezz’ora di assalti elettrici, urla forsennate, garage noise secco e brutale. I Cut mettono a segno una collezione di brani che graffiano, come se quelle chitarre fossero suonate con una sega elettrica al posto del plettro e quella batteria percossa da un martello pneumatico. Ipertrofie rumorose come e più dei Red Worms’Farm (la traccia eponima del cd), dissonanze e tempi in levare (“Goth Disco”, il pezzo migliore del lotto), riff blues deliranti inseriti in una cornice ritmica ossessiva (“Man Without Money”).
Benché qua e là ci siano dei piccoli cedimenti (la banalità rock di “Straight From The Retting Ground” e il riempitivo punk’n’roll di “I Ain’t Cool”), la struttura in generale si rivela solida e appassionata. Perché i Cut non tradiscono mai.
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