Dopo un primo lavoro su lunga distanza, “Downtown”, cantato in lingua inglese e dato alle stampe come one man band, Davide Traina, alias Garda 1990, stravolge tutto (o quasi), assolda una band, canta nella più suggestiva lingua madre e sforna “Venti”, il primo EP che sancisce ufficialmente l’inizio di questa nuova fase della sua avventura. Cinque le tracce di questo dischetto che fa dell’emocore la propria bandiera, issandola su ruvidi terreni indie rock e lasciandola sventolare sotto folate di shoegaze glaciale, in un punto a metà strada tra Fine Before You Came, Cabrera, Le sacerdotesse dell’isola del piacere e Bruuno.
Le tracce decollano subito come i pensieri che si librano tra le prime note di “Essere” per poi venire travolti da uragani di malinconia all’ingresso delle distorsioni mentre la voce, dapprima riflessiva, prende ad ardere generando fulmini di urla growl che si abbattono sulla batteria facendola deflagrare in un turbinio di colpi scatenati. A partire da qui l’intero EP è una vorticosa e travolgente spirale che conduce nel punto esatto da cui nascono i tormenti e le inquietudini sviscerate in brani corrosivi (come “Bordo”), spigolosi (come “Martello”), dolceamari (come “Difetti”) e taglienti (come “Infra”). I testi narrano di disagi, di ricordi dolorosi, di sconfitte a cui però non ci si rassegna, e sotto di essi gli arrangiamenti costruiscono trame che bruciano dentro le vene come sfoghi incandescenti e infine si depositano in grumi nostalgici lasciati alle spalle perché, nonostante tutto, lo spettacolo deve andare avanti. E speriamo vada avanti anche lo spettacolo di Garda 1990 mantenendo lo stesso livello di attenzione e carica emotiva anche in un prossimo lavoro su lunga distanza.
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