Il rapper di Secondigliano è una delle personalità più originali della scena napoletana, e lo conferma con un secondo album sempre più lontano dalla solita trap
Già a partire dall’esordio ‘Angelo’ Vale Lambo si è presentato come una delle firme più indecifrabili e sorprendenti della scena rap napoletana. ‘Come il mare’ arriva dopo ben due anni di silenzio totale e fa un passo avanti, anzi due, e in direzioni opposte: da un lato verso la scena rap, con i featuring che non c’erano nel lavoro precedente, con pezzi come Gotti, Valentino o il mantra Statte Zitt, una sorta di Over Faje e episodio due; dall’altro, sulla scia di canzoni come Perché, Vale si allontana ancora di più dalla ritmica, dalla metrica, dai registri e dallo stile classico della trap. Arrivano così il rimpianto neomelodico di Abbracciami, l’esperimento pianoforte e voce Solo piano, il pop napoletano di ’Nammurat E Te insieme a Franco Ricciardi, poi ancora l’it-pop neomelodico di Roma e Neve, la trap cinematica della title-track. Sono territori poco esplorati, e ci sta che a percorrerli si ci sia qualche incertezza e passo falso, ma è una scommessa adatta alla poetica del rapper di Secondigliano e alla suo stile, sempre più vicino alla melodia e al vocalizzo. In una scena che ruota intorno al mettersi in mostra e autocelebrarsi, Vale Lambo è introverso, riflessivo e a volte contorto, sempre immerso in un sottile strato di appucundria, quella malinconia partenopea che nel rap pochi sembrano aver abbracciato. Il suo è un universo fatto di pensieri, paure e rimpianti, flash di vita quotidiana e storie del rione quasi come parabole, abitate da alter ego e personaggi ricorrenti che quasi sembrano raccontare una saga. Il tutto da rovesciare sulle produzioni (impeccabili) di Nico Beatz e Yung Snapp, che con quei loro synth spaziosi e drammatici sembrano pagine bianche di diario. Poi sì, ci sono anche tutti gli status symbol del rap, un po’ di guapparia, le punchline in quel napoletano a metà fra trivialità e arte dello sfottò. Ma in ‘Come il mare’ i soldi, le bottiglie e le macchine sportive su Via Marina sono raccontato quasi solo come chimere, illusioni. E l’illusione più grande è che fare la vita ’mmiez a via, la vita di strada, porti a qualcosa di buono. Questo è uno dei pochi album di questi anni che lo dice chiaramente, che racconta dei soldi facili e delle morti giovani, dei sogni infranti e delle famiglie mutilate. Senza moralismi, con le immagini e il linguaggio di Gomorra, raccontando quella tragedia col suo epos, ma soprattutto con le sue miserie e la malinconia di una città che troppo spesso vede i suoi figli più giovani stesi sull’asfalto. Lo scopo non è lanciare un messaggio e quindi può essere anche che arrivi, a botte di pugni nello stomaco come ’Nfaccia e Pe Sempe. Vale Lambo riesce a mantenere un equilibrio straniante tra mentalità e registri diversi, è in grado di farti volare con un verso e riportarti violentemente a terra con quello dopo. Con i produttori si è creata l’intesa perfetta per mettere questo mondo in musica; i featuring con gli altri rapper, invece, a volte rischiano di rompere l’equilibrio. Succede nel gangsta rap di Che Teng’ ‘A Verè, con la solita strofa già sentita di Luché, nell’it-pop neomelodico con Coco e un improbabile Carl Brave. Meglio invece Houdini con Dani Faiv e Valentino con il golden boy Geolier, la bomba identitaria made in Secondigliano che forse non ci meritiamo ma di cui avevamo sicuramente bisogno. Ma soprattutto Tam con Lele Blade, ex partner ai tempi di Le Scimmie, è la dimostrazione di come anche mantenendo gli addendi il risultato può cambiare, e produrre ad esempio una delicata dichiarazione d’amicizia che c’entra poco con la solita estetica da gang. Alla fine Vale Lambo con il rap napoletano ha a che fare sì, ma fino a un certo punto: forse è solo uno di quelli che a Napoli si chiama semplicemente cantante napoletano, uno che fa musica soprattutto in lingua, che parla di amore, di rione, della mamma e della morte, e che lo fa senza per forza stare dietro ad un genere musicale specifico, prendendo a piene mani dalla musica pop della sua generazione, in questo caso il rap. Vale è un’incarnazione nuovo di questo modello, per molti versi originale rispetto a quello di partenza; questo album né la nuova conferma e segna una serie di novità a livello di sound, scrittura, stile vocale. In mezzo a ben 16 tracce ci sono ovviamente passi falsi, filler, ma anche diverse bombe e almeno un pezzo, Nfaccia, che per produzione, struttura e peso delle parole potrebbe essere fra le migliori cose uscite negli ultimi anni.
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La recensione Come Il Mare di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-10-14 13:28:21
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