Musica dagli umani per le macchine, "Machines" unisce l'amarezza del post-punk più gothic alle distorsioni elettroniche dei Nine Inch Nails.
Philip K. Dick, una cinquantina di anni fa, si è chiesto se gli androidi sognassero pecore elettriche; oggi, in questo 2020 tormentato, i tempi sembrano maturi per chiedersi se i robot ascoltino post-punk. In caso di risposta affermativa, non posso non consigliare “Machines” di Marco Scrudato, un disco che fin dal titolo si propone come un compendio di suoni sintetici, realizzati da un umano (credo) ma non per gli umani.
Situati perfettamente a metà tra l’angoscia di “Pornography” dei The Cure -l’asciuttezza delle chitarre scandite da una batteria che sembra risuonare in una cattedrale deserta- e la violenza di “Pretty Hate Machine” dei Nine Inch Nails -le furiose distorsioni electro-industrial-, i nove brani di “Machines” sono schegge di musica futura, ispirata da un mondo analogico ma creata in uno digitale. “Deadly Simulation”, la traccia di apertura, è un perfetto compendio di tutte le tensioni presenti nel disco, nella quale a tratti pare anche di sentire un’eco di “Robot Rock” dei Daft Punk; “Hybridization” è un distillato di malinconia goth appoggiato su una drum machine, mentre il lato industrial di “Killer Robot” non stonerebbe in un disco come “Year Zero” dei Nine Inch Nails. Non c’è spazio per la voce umana nelle nove tracce, fatta eccezione per un campionamento di Bertrand Russell nel penultimo brano: qui sono le intelligenze artificiali a farla da padrone, e il tentativo di creare un immaginario musicale anche per loro. Dopotutto, se i già citati Daft Punk hanno digitalizzato la dance, è lecito presupporre che anche i robot più goth vogliano la loro parte, no? “Machines” costituisce un riuscito passo in questa direzione, e posso garantire che lo fa rimanendo apprezzabile anche dagli umani.
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La recensione Machines di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-11-25 00:00:00
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