Qualcosa stride, nell’immaginario Flyindolly. Eppure affascina.
Nome da cartoon e titolo da saggio filosofico. Il pop e la copertina scelta. Così gelida e astratta che ne cogli il potenziale a scoppio ritardato: scenario di guerra, ferita aperta di Storia recente… dolorosa precarietà del nostro tempo. E qui mi fermo, sennò rischio di sbandare.
Certo un po’ di malessere resta. Perlomeno nei testi giocati sul filo di un neo-esistenzialismo vagamente surreale. Altra cosa la musica. “Se la vita è questa”, sembra dire, “meglio riderci su”. E tutto si ribalta, ogni nube scompare. Elettronica che cede alle lusinghe del cosiddetto post moderno senza però strafare mai. Spensierata, carezzevole, piena di brio birichino. Malinconica giusto un pizzico. Il pianoforte scandisce con grazia, ci sono chitarra e batteria ma lavorano di bulino, smarrendosi felicemente in un turbine di tappetini e ninnoli synthetici impiegati a mo’ di carillon. E non potrebbe andare diversamente, siccome ciascun carrellovolante suona più strumenti molti dei quali identici fra loro. Pop alto, di classe, perché ammiccando nel cantato o in certi coretti a vecchia e nuova melodia made in Italy, poi la dribbla grazie a preziosi arrangiamenti. “Un Attimo Prima”, “Houdini”, “La Catastrofe”, su tutte. Un disco piccino piccino da conservare con cura.
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