Quando si pensa al Salento, musicalmente, lo si percepisce come la patria del reggae nazionale, della pizzica e della taranta. Personalmente preferisco guardare a quello splendido lembo di Puglia come alla principale fucina di lounge-pop italiano, con gruppi come Studiodavoli e Superpartner, o artisti quali Giorgio Tuma. In mezzo a tutto questo, però, c’è anche chi ha imbracciato le chitarre elettriche per suonare del sano, vecchio rock’n’roll: gli PsychoSun. Attivi sulle scene da più di dieci anni, dopo una lunga gavetta (che li ha portati ad esibirsi dal vivo anche in Inghilterra) e vari ep e mini-album, con questo “Silly Things” finalmente approdano al loro primo full-length vero e proprio.
In tredici tracce sfoderano a meraviglia il loro retroterra sonoro. Mischiano sonorità indie-rock USA/UK facendo andare a braccetto Weezer e Marion come nel brano di apertura “Lovers”; prendono in prestito molto dai dischi di Liars e Rapture per “A New Toy”. Rigurgitano i loro trascorsi punk-pop con venature garage in “Blonde” e “Corvette” e poi ci stendono in scioltezza con quella piccola perla di british pop che è “The King”: un singoletto perfetto con i coretti “oh-oh”, arpeggi e stoppati, che, prima che tu te ne accorga, ti si è già piazzato in testa. Da citare, inoltre, l’eco new wave di “Something Is Happening” che ammicca agli Arcade Fire e il sonicissimo muro post-shoegaze di “Ben And Cicely” (omaggio a “La banda dei brocchi” di Jonathan Coe). A chiudere l’album una breve traccia strumentale che sembra proprio una di quelle intermissions tanto care ai Blur di metà anni Novanta. Tutto questo in soli trentasette minuti. Finito troppo presto? Nessun problema: repeat!
Gli PsychoSun sicuramente non riscrivono di una virgola le coordinate del genere (anzi, dei generi), ma hanno il dono di saper comporre delle buone canzoni, con melodie accattivanti e arrangiamenti semplici ma efficaci. Per questo si lasciano ampiamente apprezzare.
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