Un irresistibile viaggio in bilico tra volgarità e poesia, tra pistole e carcere quanto rapporti di amicizia e amore
Ho scoperto Speranza anni fa, quando mi hanno mandato il video di una delle sue prime canzoni, Chiavt a mammt, puramente per il gusto del LOL. Appariva buffo l’accento, la voce graffiata al limite dello sforzo, e soprattutto le lyrics forzate e surreali, oltre all’antidivismo ostentato con tuta della Legea e Tavernello in cartone. Ebbene, anni dopo, quello che sembrava l’ennesimo fenomeno da YouTube è a tutti gli effetti uno dei rapper più complessi d’Italia e di quel principato strano, soprattutto dal punto di vista musicale, che è la Campania.
Italo-francese, cresciuto tra Caserta e le banlieue parigine, Ugo Scicolone ha trasformato il Gangsta Rap aggiungendo venature di coscienza, arrivando alla massima espressione in questo album, L’ultimo a morire, eponimo del libro pubblicato per Rizzoli. Se si scomoda l’immaginario alla Gomorra, tipico della trap partenopea, viene raccontato senza esaltazione, ma dall’interno, dal punto di vista di chi ci è passato e ora lo analizza in maniera cruda, in una città che è sia terra di conquista che motivo d'orgoglio.
L’alternarsi di sacro e profano, con riferimenti al territorio come alla cristianità profondamente radicata (Spall a sott, è il grido di richiamo delle paranze che portano il simulacro di Sant’Anna per le strade della città durante le feste patronali), la lingua francese unita al napoletano/casertano, insieme così tremendamente musicali, rendono questo disco di Speranza un irresistibile viaggio in bilico tra volgarità e poesia, tra pistole e carcere quanto rapporti di amicizia e amore (Omm i mmerd, Puttana***). Testi che sfuggono spesso ai clichè del rap e rinunciano anche all’ortodossia della rima chiusa per raggiungere un superiore senso poetico (Iris, l’episodio migliore dell’album).
Batterie trap come suoni etnici, produzioni variegate ma mai banali, permettendosi di ospitare mostri sacri del rap italiano (Guè Pequeno, Don Joe), nuove leve del rap (Massimo Pericolo, Tedua) così come un neomelodico di razza (Rocco Gitano) ma anche Night Skinny e il francese Kofs, senza rinnegare lo stile originario, approfondendolo in suono e significati. Quello che sembrava nato per il lol, ora è quasi un poeta.
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La recensione L'ULTIMO A MORIRE di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-10-20 10:00:00
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