Un altalenante debutto homemade a base di misurata psichedelia, che agli anfratti oscuri preferisce una sorta di sfuggente romanticismo.
Ecco un altro disco figlio adottivo della pandemia, anche’esso generato da quella voglia/bisogno di creatività domestica che nei mesi addietro ci ha dispensato non solo pizze e torte improbabili, modellini di velieri assemblati coi fiammiferi, abitini cuciti a mano e sculture di pane ma anche, per l’appunto, dischi (più o meno ascoltabili) registrati disinvoltamente tra le mura di casa.
A questo giro facciamo un salto in quel di Macerata dove il buon Gabriel Medina Gomez, accantonati momentaneamente i suoi Hapnea, decide di chiudersi in garage per registrare un debutto in solitaria, intriso di basica psichedelia pop-oriented, all’insegna di una conciliante malinconia che agli anfratti oscuri preferisce una sorta di sfuggente romanticismo.
Le velate fluorescenze radiohediane di Where I Am, Where I’ve been, l’intimismo stellare di Relief (So Lost In You), i respiri acustici di Slowly Driving To The Moon e, soprattutto, i chiaroscuri ritmati di Flamingo Feather – dai quali potrebbe ripartire un’eventuale opera seconda – segnano gli episodi più riusciti di un disco che altrove però non lascia il segno (Memory Lapses, The Good Days, Let Me Find Your Love).
Nonostante lo spirito casalingo prenda talvolta il sopravvento – in primis l’uso piuttosto sfacciato dell’autotune – The Good Days rimane comunque rispettabilissimo come primo tentativo per prendere le misure.
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La recensione The Good Days di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-11-13 09:51:00
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