Questo non è un album sul tramonto, ma è un disco con il sole dell’avvenire, che ci dice che, magari, un altro mondo non sarà mai veramente possibile, ma che si può ancora fare un disco sereno, maturo e pacato senza tracimare nell’easy listening.
Quando abbiamo letto del nuovo disco dei C+C=Maxigross ci siamo abbastanza stupiti. Già perché lo scorso agosto, proprio su queste pagine, avevamo ospitato questa lunga riflessione scritta di Tobia Poltronieri che ci ha indotto a pensare che, per ascoltare di nuovo un loro lavoro, sarebbero passati, quantomeno, degli anni. E invece no, questo venerdì è uscito il loro nuovo disco. Ma forse stiamo sbagliando tutti: definirlo disco è abbastanza riduttivo. Come infatti i C+C=Maxigross hanno certificato sui loro profilo social “Crediamo fortemente che comprare questo nuovo disco per te possa significare non solo ascoltare nuova musica. Certo, sarà soprattutto quello. Ma sarà anche la maniera per aiutarci a portare avanti un progetto artistico in un momento storico in cui per la società in cui viviamo (e il sistema economico su cui essa si basa) ciò che facciamo e a cui ci dedichiamo da più di dieci anni non ha alcun valore”.
Ecco allora che un simile lavoro, per altro registrato come da tradizione in modo assolutamente impeccabile, da solo non si tiene in piedi. Ci sono le canzoni, tante e belle, come la trasognata Tarantola, mia nuova colonna sonora preferita per questi pomeriggi passati in ufficio come a casa (ormai non c’è tanta distinzione). Questo è un lavoro a trecentosessanta gradi perché unisce una voglia quasi anarchica di fare le cose “a modo loro” e, dall’altra, non nega di dover fare i conti con il tempo che passa, le stagioni che cambiano colore dalla finestra. Con il mondo che pare andare sempre più allo scatafascio. Un po’ come si sente in Tempesta.
Stavamo per chiudere così questo pezzo, dicendo che il disco era bello. E nobile il suo intento. Ecco, eravamo pronti, avevamo scritto tutto e poi, forse perché questi pomeriggi di novembre sono ancora così tiepidi, lo abbiamo ascoltato di nuovo, da cima a fondo. E poi di nuovo. E di nuovo ancora. Allora abbiamo capito: questo non è un album sul tramonto, ma è un disco con il sole dell’avvenire, che ci dice che, magari, un altro mondo non sarà mai veramente possibile, ma che si può ancora fare un disco sereno, maturo e pacato senza tracimare nell’easy listening. Canzoni pop che paiono essere state colte stamattina dalla terra, ancor avvolte in un leggero strato di rugiada. Prendetele e mangiatele tutte, ma soprattutto ascoltatele, questo è l’anima dei C+C=Maxigross: psichedelica bucolica, musica primigenia per un tempo che pare la fine di tutti i tempi.
E se un gruppo ha il coraggio, e anche un po’ l’ardire, di scrivere una frase del genere beh, o sono dei geni o sono dei guasconi: “Se vi va di sostenere il progetto e vi piace quello che facciamo o che esprimiamo, non abbiamo bisogno di views, likes o condivisioni di post. Abbiamo evidentemente bisogno che COMPRIATE la rappresentazione della nostra Arte in maniera da foraggiare il nostro lavoro e permetterci di continuare questo percorso. Come il pane che hai comprato stamattina dal panettiere. Niente di più semplice”. E vi possiamo assicurare che questa pagnotta è assolutamente fragrante.
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La recensione Sale di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-11-06 10:30:00
COMMENTI (1)
Ad ascoltarlo "L'anima chiede di poter brucciare"