Come in un regno di Game of Thrones oppure un capitolo Infinite Jest di Foster Wallace – per immergerci in un’atmosfera avantpop più coerente con la materia in questione –, il liscio italiano è una sfilata senza fine di personaggi strampalati e di culto, di cui è impossibile non voler sapere tutto quanto. Ho fatto questa scoperta un paio di mesi fa, dopo essermi smarrito nelle atmosfere di “Extraliscio - Punk da balera”, il bellissimo film di Elisabetta Sgarbi vincitore del premio Siae per il talento creativo all’ultimo Festival del Cinema di Venezia.
Da quel momento ho iniziato a percorrere le tortuosità di Internet per giungere – ipertesto dopo ipertesto, caplèt dopo caplèt, figlio dopo cugino dopo nipote del figlio del cugino – una cultura minima dei mitologici personaggi che hanno fatto la storia del liscio romagnolo. Carlo Brighi, Secondo “The Godfather” Casadei e la sua discendenza, Fiorenzo Tassinari, saxofonista talmente in gamba da condividere il soprannome con Togliatti, Terremoto Bergamini, l’Orchestra Castellina-Pasi.
Mi mancava, colpevolmente, lei: Roberta Cappelletti. Autentica predestinata – come da sua biografia: “nasce a Predappio e debutta artisticamente in chiesa in tenera eta' cantando l’Ave Maria di Schubert al matrimonio fra Maria Scicolone (sorella di Sofia Loren) e Romano Mussolini” –, è una delle voci femminili più celebri del liscio italiano ed è tra gli ospiti di Punk da balera, il nuovo disco degli Extraliscio, che contiene i brani del film di Elisabetta Sgarbi.
Nelle dieci tracce, come in una mazurka schizofrenica attorno al mondo, generi e riferimenti musicali si perdono. D’un tratto si finisce sul set di un film di Kusturica con le galline in strada e gli spari di pistola al cielo, poi si torna in riviera per un tramonto Sixty, prima di accorgersi che gli anni ’90 sono ormai alle porte ed è tempo di scatenarsi in pista su un giro di fiati in levare.
Ma la musica degli Extraliscio non è un juke box delle nostre nostalgie, quanto piuttosto la costruzione di un mondo in cui tutti dovrebbero vivere, quello in cui nonno Radames balla la cumbia con su il vestito della festa mentre Orietta Berti duetta con Lo Stato Sociale. Nel suo tenere assieme le sonorità da Cantagiro di Onda del mar a quelle tipo “conscious da balera” di Tradizioni, passando per i “violini tzigani in pista” di Scarpa grigia e per le fisa impazzite che appaiono qua e là, l’album conferma una volta che tre frontman is megl che uan.
Già, perché come consuetudine per il liscio – per quanto rivisitato, rinnovato e strapazzato dalla band –, a emergere e definire la musica degli Extraliscio sono le figure (e pure le fisicità) di Mirco Mariani, Moreno il Biondo e Mauro Ferrara, e i loro continui cambi di veste e di ruolo. Il primo – che di recente ha aggiunto la collaborazione con Francesco Bianconi per quella meraviglia che è il suo Forever a una lista che già comprende Enrico Rava, Vinicio Capossela e altri grandi nomi – porta la musica del gruppo a un livello superiore e la disancora quando necessario dalla balera, con passaggi strumentali raffinati e tappetini elettronici.
Moreno Conficconi, oltre che un’icona di stile, è il maître della “romagnolità” e del suo patrimonio musicale e garantisce il rispetto delle tradizioni pur nell’evidente dissacrazione. Mauro Ferrara, infine, è “the voice”: quando la sua ugola si abbatte sulle tracce si avverte all’istante, e in un attimo stiamo volteggiando tra le gonne a fiori in una notte di fine estate. Con questo nuovo disco l'imposizione di un lunga e un po’ penosa attesa, da solisti quali non siamo, per poter vivere di nuovo giornate così, pesa un filo meno.
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