Il nuovo disco degli Zu è veramente bello. Questo nuovo episodio di una saga che, di mese in mese, incomincia ad assomigliare a una delle tante vicende zorniane (per il numero di uscite, intendo) è una delle registrazioni migliori e mai fatte prima dal trio in questione. Questo ci dice che: a) il gruppo dopo tutta questa improvvisazione aperta e una serie infinita di live che, ad essere sinceri, si assomigliano un po’ tutti, è ancora capace di fare un disco di canzoni; b) che, per quanto non possa sembrare, i tre continuano a far uscire un album diverso dall’altro.
Facendo un po’ di paragoni: "Radiale" (2004) aveva aperto la strada a un jazz più rilassato e privo di grosse distorsioni, dal disco su Xeng (2005) si capiva come il gruppo si fosse già un po’ più imbastardito, ma questa cosa del rimanopolare tutto a computer (ricordate? il disco era un serie di sessions di improvvisazioni intrattanute con Fred Lomberg e poi tagliate e cucite a piacere dei tre Zu) ovviamente faceva perdere la botta sonora che normalmente il gruppo ha. Ora con questo, il trio sfodera uno dei dischi più punk mai sentiti. Incomincia con una vera sassaiola di rumore. Il basso fa il padrone di casa e i sax ti urlano nelle orecchie (uno per orecchia, ad essere precisi). Continuano i pezzi nervosi, ma non di quel nervosismo fine a se stesso;c’è tanto rock e anche quando i pezzi tendono più al cazzeggio nulla sembra superfluo, anzi, pare più che poetico.
Bello come Glen Branca, "How To Raise An Ox" riesce a creare pienoni con poco e con altrettanta facilità si svincola in tempi diritti e semplici o in minimalismo incazzato. C’è da dire che la presenza di Mats Gustaffson si sente ma si dimentica in fretta. Penso che gli Zu non cerchino tanto gli ospiti per le loro doti musicali (in questo caso, però, indiscutibili) quanto per far sì che si svegli qualche neurone in più che reagisca al nuovo elemento estraneo. Questo per dire che nel bene o nel male tutto quello che i tre toccano diventa Zu, e spiega come ai loro dischi non interessi tanto arrivare da qualche parte, ma viaggiare in compagnia (lo so, espressione orribile ma non mi veniva altro). Consapevole che usciranno sicuramente altri album in tempi ancora più brevi, se mai "How To Raise An Ox" sarà nascosto da altre uscite, ricordate che questo è uno dei loro migliori capolavori.
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La recensione How To Raise An Ox (feat. Mats Gustafsson) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-02-13 00:00:00
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