Nel mare ci si imbatte sin dal primo ascolto. È sufficiente inserire il disco tra le fauci del lettore ed ecco irrompere il fracasso delle onde. Che si infrangono per poi tornare sui propri passi, come nulla fosse. Sembrano volerci dire qualcosa, a volte. Di certo le onde non le puoi bloccare, come non si bloccano i pensieri, le idee, le inquietudini che ti prendono a calci e danno un senso alla vita.
Alberto Marchetti firma un concept-album sul mare. “La musica dell’onda” si muove attraverso traversate, marinai alla deriva, tempeste, isole, velieri, oceani agitati. E tanti naufragi. Fa naufragio l’amicizia, fanno naufragio i sentimenti, fa naufragio il desiderio di cambiare vita imbarcandosi su di un bastimento, alla ricerca di qualcosa di più e di meglio (quando gli immigrati eravamo noi, per capirci). Ma il mare è generoso e comprensivo, ci offre sempre un’altra possibilità. Di partire, di imbarcarsi, di cercare isole non trovate. Marchetti racconta storie non sempre a lieto fine, e lo fa con naturalezza estrema, narrando di uomini e donne animati da voglia di riscatto, piegati dalla vita ma desiderosi di rialzarsi in piedi. Tra bordate di malinconia e gioia, nostalgia e speranza.
Storie ammantate di suoni vivaci ma anche minimali, essenziali. La scuola è quella cantautorale classica, ma poi mica tanto. Le influenze jazz sbocciano di tanto in tanto (in “Bella di nulla”, nella parte conclusiva di “Traversate”) ad arricchire un quadro già di per sé policromo e a volte imprevedibile (“La ballata dell’isola sconosciuta” possiede dei richiami quasi prog). A dare man forte il violino di Michele Gazich, la voce di Lucilla Galeazzi, l’organetto di Alessandro D’Alessandro, il sassofono di Thierry Valentini, i cori di Silvia Celestini Campanari. Tutti insieme a rendere ricco e piacevole un album che merita di essere amato.
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