Buio, qualche luce sul palco. Entrano in scena cinque musicisti. Una voce suadente pronuncia parole in francese. I cinque musicisti lavorano con calma intorno ai propri strumenti, producendo note sparute (e spaurite), sfregamenti, rumori. La tensione della sala calamitata sui loro gesti. La voce che solo a tratti torna a intersecarsi con una sequela indiscernibile di suoni.
Bene.
Adesso, a questa scena ipotetica, togliete ogni riferimento sensoriale che non sia uditivo e sottraete la percezione di un ascolto collettivo. Quello che resta è una serie di suggestioni, di suoni ripetuti ed evocativi che si mescolano a rumori. Ma che invocano disperatamente qualcosa da vedere.
L’idea è ambiziosa, creare musica ispirati dai versi di Rimbaud, poeta francese e maledetto, ma il risultato è difficilmente sostenibile. Non appena la mono-traccia inizia a suonare, infatti, viene spontaneo crearsi un proprio riferimento visivo, che, tuttavia, dopo qualche minuto inizia a vacillare, reclamando a gran voce qualcosa che sia veramente visibile.
Mai come in questo caso, dunque, la colonna video si fa necessità assoluta, perché, in assenza, le suggestioni cui si accennava rischiano di perdersi in una totale incomprensibilità, che anticipa di poco una altrettanto totale insofferenza.
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La recensione Free For(m) Rimbaud di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-01-09 00:00:00
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