Bisogna essere dell’umore giusto per accostarsi al demo dei Nighthawks, gruppo toscano con una sensibile venerazione per Hopper, il pittore da cui prendono in prestito il nome della band, il titolo del disco e l’immagine di copertina. Bisogna essere dell’umore giusto e comunque non è detto che basti, perché già alla seconda canzone ci si arrende di fronte al loro passo strascicato, come ad accompagnare qualcuno che cammina molto lentamente, con andatura costante, senza spostarsi mai dal sentiero, tanto che la tentazione di mollarlo per strada diventa molto forte.
Non che i pezzi non siano estremamente curati, ben arrangiati e suonati, con debiti chiari ma non invadenti verso i grandi chansonniers francesi e bluesmen del calibro di Nick Cave e Tom Waits. I Nighthawks padroneggiano l’uso di molti strumenti diversi, il timbro vocale è particolare e azzeccato, solo viene da chiedersi cosa sarebbe un disco come “Murder Ballads” se tutti i suoi brani avessero l’incedere pianeggiante di “The Kindness Of Strangers”, perché è questo ciò che accade a “From An Hotel Room”. Un appiattimento complessivo, in cui spiccano e restano in mente solo dei frammenti: la prima e l’ultima traccia, l’introduzione di “Yesterday Avenues”, la riva di suoni in cui va a spiaggiarsi “Christmas Eve”.
È come se tutti i quadri dipinti avessero la stessa luce di tramonto, come se i pezzi fossero troppo lunghi per quello che effettivamente hanno da dire. Nemmeno gli accostamenti di parti in crescendo e in sordina riescono a dare un po’ di brio in più, e a trasmettere con la musica tutte le emozioni da cui si prende spunto nella scrittura. La ricchezza di suoni che il gruppo ha a disposizione viene spesso relegata in secondo piano, senza attaccare la struttura di base voce-pianoforte e, finché resta solo un’aggiunta a posteriori, non aiuta la band ad uscire dalla sua stanza d’albergo.
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La recensione From An Hotel Room di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-01-09 00:00:00
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