Franklin DelanoCome Home2006 - Noise, Indie, Folk

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Input. Arpeggio. Basso e batteria. Banjo e glockenspiel. Echi in lontananza. Non solo una ballata folkish. “Come Home” si apre con una canzone omonima che ne disegna la Musa ispiratrice e le coordinate stilistiche. “A mountain is a mountain”, canta soffice Paolo Iocca. Ai suoi piega la classica aggrovigliata indolenza rumoristica in favore di una maggiore apertura melodica. E’ lei la Musa. I Franklin Delano ripartono da “Remember Me” del precedente “Like A Smoking Gun In Front Of Me” (MadCap/File13, 2005). Laggiù per la prima volta la melodia capitolava in maniera evidente nel songwriting; oggi invece è il songwriting che la esplora e la cerca. Curandola in mezzo agli affetti alt-country e folk e rock che gli arrangiamenti di volta in volta esaltano.

La testa è sempre persa nell’America. Il cielo crivellato di stelle che se prima hanno indicato il percorso, ora cadono e attraverso il finestrino entrano nel furgone della carovana italiana che attraversa gli States. Esprimi un desiderio. Gente come Brian Deck (Modest Mouse, Iron & Wine), che ancora una volta produce quest’album agli Engine Music Studios di Chicago e regala la sua maestria dentro e fuori gli strumenti. Ospiti? Elenchiamoli subito: Jim Becker (Califone), Fred Lonberg-Holm (Flying Luttenbachers), Josh Berman (Exploding Star Orchestra), Nick Broste (Wilco). Uniti alla nuova formazione – alla batteria Lucio Sagone (Ronin e Uncode Duello), al basso Marcello Petruzzi (Caboto) e alla viola, organo, piano, rhodes, glockenspiel, percussioni ecc. Vittorio Demarin (Madcap) e Michele Sarti – creano un team davvero di primo livello.

“Come Home” esiste infatti di per sè. Grazie alle sue canzoni, il cui respiro finalmente si apre e s’esprime appieno. Non più arrotolato come un gomitolo di lana nera grezza; bensì tessuto attorno alla taglia di un potenziale ascoltatore a cui regalarsi. I Franklin Delano abbandonano certe posture slow-core e certe atmosfere dark in favore di una fiamma pop che illumina l’ambiente attorno e risalta l’abilità di Iocca nello scrivere canzoni. Senza più Vittoria Burattini (ex Massimo Volume) ai tamburi, lo ritroviamo con Marcella Riccardi profondamente cresciuti e consapevoli della direzione intrapresa. Non più l’accento sui drones e sulle colate psichedeliche; quelle creavano il deserto attorno. Oggi i Franklin sembrano quasi più interessati a musicare la bellezza del viaggio e dei territori visitati. Bravi, entusiasti, comunicativi: “Cuz I don’t like depression, do you?”. Basti a tal proposito ascoltare “I Know My Way”, manifesto dell’album. Mentre si canta “Wait for me, girl / I’m coming home / I’ll be there before the dawn”, echeggiano trombe, glockenspiel, chitarre acustiche, cori gospel, anima soul, e lo spirito di James Brown si colora di bianco in un miscuglio quasi alcolico di inconsueta brillantezza. Persino in brani come “Motel Room”, dove il trip si fa di psichedelia notturna, non vengono a mancare la ricerca della melodia; e in “Night Train”, dove l’amore per il country non dimentica i propri umori noisy, non si è mai distanti dalla chiave pop.

I Franklin Delano stanno dunque compiendo al massimo voltaggio il loro viaggio nella scoperta delle radici di quell’America musicale che li affascina. Un viaggio per ora pressochè solitario che non può creare ponti critici o punti di contatto con la musica italiana, ma che apprezziamo per la credibilità con cui viene compiuto. Non è facile, non è per tutti. Go west, Mr. Franklin, and come home soon.

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La recensione Come Home di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-10-23 00:00:00

COMMENTI (3)

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  • eternity617 anni faRispondi

    Bella li grande rece bravizzumi By amico di Franklin

  • enver18 anni faRispondi

    preferivo il precedente, più 'mentale', ma questo si difende alla grande... I Am A Cow ed Eight Eyes sono da paura, in ogni caso stiamo parlando di uno dei primissimi gruppi italiani

  • utente018 anni faRispondi

    bel disco e bella rece!