Tanto degna di encomio è la tenacia di questa autoproduzione (ma in generale di tutte quelle che hanno visto la luce in questo ultimo miserevole anno), che pur di non soccombere alle costrizioni pandemiche ha pensato bene di affidarsi alle collaborazioni a distanza, quanto poco soddisfacente risulta la sua resa finale.
Nonostante tutta la passione e l’urgenza creativa del caso i Milk Lizard, nel tentativo di mediare tra diversificati background musicali, finiscono per arenarsi su un brit rock confuso e dalle tinte shoegaze che pur muovendosi discretamente sul fronte chitarre – anche nei più rumorosi frangenti psichedelici – palesa invece nelle parti cantate il proprio tallone d’Achille, per pronuncia non proprio irresistibile dell’inglese e fiacchezza interpretativa.
E anche laddove la piacevolezza di alcune aperture melodiche (Laplace Demon), di taluni fraseggi della 6 corde (Noel Gallagher, Johnny Marr e William Reid i riferimenti) o di certi ombrosi spunti atmosferici (In And Out Of Sight) sembrerebbe risollevare parzialmente le sorti del disco ecco che arrivano l’eccessiva lunghezza dei brani e la pressoché totale assenza di dinamiche a piazzare il definitivo colpo di grazia.
Non ci resta dunque che attendere la fine della pandemia per aspettare al varco il quartetto milanese, al prossimo giro, si spera, completamente padrone del proprio percorso creativo.
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