Con l’imposizione ormai decennale del rap a genere di riferimento, le uscite cui spesso è rivolto il maggior carico di attenzioni sono i mega album dei producer, forse proprio per la loro natura ibrida che, mischiando vecchie glorie e nuove promesse, viene incontro ai gusti di tutti. Anche OBE non si è sottratto a questo meccanismo, una volta pubblicata La canzone nostra insieme a Salmo e Blanco, sembrava chiunque si dovesse professare fan della prima ora del producer milanese. Non era ancora finito gennaio è avevamo già trovato l’album dell’anno.
A ragion veduta, oserei dire, il titolo del primo lavoro firmato da Mace è l’acronimo di Out Of Body Experience, un concept che sta alla base del disco e che, in definitiva, è la chiave di volta per capirlo nell’intero complesso. Ed è l’idea di featuring su cui inevitabilmente si struttura l’album di un producer ad essere mutata radicalmente, divenendo tramite stesso dell’esperienza extracorporea, così da rendere l’album una raccolta di 17 viaggi, sensoriali e sonori, che, anche artisticamente, elude i confini del rap creandone quasi una versione dreamy, abbracciando le sfumature della musica black, della techno più tribale ma anche dell’elettronica acida.
Nella tracklist compaiono artisti di ogni estrazione, da Colapesce a Madame, da Irama a Fritz da Cat, con un occhio di riguardo per Venerus che, nel viaggio mistico e ben poco infernale di Obe, recita la parte del Dante accompagnato da Mace-Virgilio. Ogni artista è l’occasione per guardare la realtà con occhi diversi, ogni ospite è una sostanza che permette una differente esperienza nel rituale sciamanico di questo Dardust col baffo da Jesse Hughes, ogni traccia è legata ad un disegno preso in prestito dai simboli alchemici e da caratteri tibetani che fornisce un’interpretazione visiva ed esoterica al concetto evocato da ciascun brano.
Se dovessi scegliere un' immagine per rappresentare l’intero album sceglierei il serpente che si morde la coda, metafora dell’eterno ritorno teorizzata in Così parlò Zarathustra. Perché in OBE tutto torna. Perché OBE è la sintesi del percorso di un producer eterogeneo che ha debuttato con l’hip-hop old school e ha trovato successo all’estero con la musica elettronica, è il culmine stilistico di un artista che in vent’anni di carriera ha attraversato diverse fasi stilistiche e umane. OBE è, come già detto, il primo vero album di Mace, ma è anche il suo grande ritorno.
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