Per certi versi ‘La Storia è anche ora’ è un album alternative rock/metal come tanti altri, non un revival nostalgico, ma il quinto parto discografico di un duo attivo dagli ormai lontani primi 2000 e che da quell’epoca si porta un certo tipo di sound scuro e compresso, ritmicamente cadenzato, puntellato da ricami di elettronica. Una buona potenza di fuoco per una formazione così essenziale, sound, riff e assoli decisamente classici. Con una scrittura che però recupera personalità aderendo ad un’impostazione lirica e vocale che, con Stanis La Rochelle, potremmo definire “molto italiana”: l’anima migliore del lavoro è infatti quelli che ad un apparato chitarristico robusto uniscono un gusto melodico quasi da pop romantico italiano. La Pioggia dietro ai Vetri, Le Logiche, Ricorsi, sono brani elettrici ed estremamente cantabili, grazie anche alla voce rotonda di Davide Sar (forse un po’ troppo avanti nel mix), con degli hook che facilmente ronzano in testa per qualche ora dopo l’ascolto. L’effetto è dalle parti di ibridi come Timoria o di certi Litfiba, ma soprattutto anche quello della scuola più alternative, vedi alla voce primi Aterhours, CSI di ‘Tabula Rasa Elettrificata’ o i meno celebri Fluxus. Anche la selezione dei suoni e la veste ritmica di alcuni brani richiama questa scuola di alternative dall’anima cantautorale, e le atmosfere del capolavoro di Zamboni soci; con un deciso livello di approfondimento e centralità dei testi, che non avranno lo spessore dei versi di Ferretti, ma mettono comunque in campo una cura superiore alla media dei prodotti di questo tipo: conclusa una quadrilogia elementale (e anche qui ritorna l’ispirazione dei Litfiba e della loro quadrilogia degli elementi), ‘La Storia è anche Ora’ è un concept sul nostro tempo, con una specie di messaggio politico in chiave apocalittica tra suggestioni psico-fantascientifiche (Separazione Alpha) e momenti più introspettivi, anche questi declinati in una chiave piacevolmente “da canzone italiana“ (La Pioggia dietro ai Vetri). Alla fine, i momenti più anonimi delle otto tracce sono proprio quelli dove alle suggestioni “nostrane” si preferiscono lo stile muscolari e testosteronico dei classici d’oltreoceano; in tracce come Potere ed Ambizioni o Quando mi ritrovo, i Quarzomadera che ci piacciono di più quasi scompaiono, lasciando il posto a riff e strutture che ‘devono starci’ giusto perché è un album di questo genere. Mantenendo la barra a dritta su brani orecchiabili come Ricorsi o macigni melodici come la conclusiva Payattika, c’è la possibilità di crescere ancora anche dopo vent’anni.
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