AGARTHI risuona come un rave che si muove tra un hyper-pop appena abbozzato e le vibrazioni molto classiche anni '80 à la Depeche Mode. L'Atlentide sommersa di Sem&Stènn.
Sem&Stènn stanno cercando un luogo speciale, sede dell'imperfezione, della sessualità libera e spontanea. Un luogo necessariamente ideale per fuggire dalla realtà satura di pregiudizio, dove le danze durano tutto il giorno. Il suo nome è AGARTHI, e così si chiama anche il nuovo lavoro discografico del duo.
Dopo essersi lasciati alle spalle la confusione e i testi in inglese che avevano caratterizzato OFFBEAT, si sono presi il rischio di cantare in italiano, ma è stato solo apparente, perchè il racconto della loro Atlantide sommersa è nitido e luccicante, ed evita di nascondersi dietro giochi di parole o furberie. Sem&Stènn non sanno mentire, godono nell'essere spudorati, nel suono come nelle parole. E solo per questo andrebbero ringraziati, per portare di tanto in tanto un barlume di normalità nella musica italiana.
AGARTHI risuona come un rave che si muove tra un hyper-pop appena abbozzato e le vibrazioni molto classiche anni '80 à la Depeche Mode. I sei singoli già rilasciati nel corso degli ultimi due anni continuano a funzionare anche nel concept del disco -così come i due interventi di CRLN e YaMatt continuano ad essere non brillanti e poco a fuoco nel sound-, mentre tra gli inediti spiccano le due tracce di apertura, perfette per catapultarci direttamente a metà strada del viaggio. Riconosciamo subito il sentiero, e poco alla volta inizia ad assalirci il dubbio che si stia camminando sul posto, e che stiamo volando via lontano soltanto con la mente.
"Balla questo pezzo/ che tra poco finirà"
Così recita La notte con il sole, fanale di coda dell'intero lavoro. Si tratta del capitolo conclusivo, malinconico e languido, con cui Sem&Stènn non risolvono il dubbio di cui sopra, ma lo acuiscono. Sta finendo la nostra presenza su questo mondo oppure l'illusione di raggiungere la Kallipolis che ci hanno cantato fino ad ora?
AGARTHI ha il grande pregio di funzionare dall'inizio alla fine, nonostante gli evidenti momenti di debolezza -Mille Pugni e Luna e Venere-. Ha il pregio di esaurire il proprio discorso nonostante la durata di appena 28 minuti, di mostrarci lo stato di grazia del duo, e in un certo senso un primo loro punto di arrivo. Il pedale dell'impulso lo sanno spremere molto bene. Ora è il momento di dare una svolta, di ricercare nuovi suoni e creare ibridi, affinchè Agarthi sia un punto di appoggio, e non una fissa dimora fossilizzata.
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La recensione AGARTHI di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-02-22 00:00:00
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