Melodie inquiete, atmosfere post punk, chitarre che stridono dalla prima all’ultima traccia: è il ritorno della band di Cesena.
I Suez, dopo anni di assenza, sono tornati in questo 2021 sulla scena con The Bones of the Earth, un album che dalla prima canzone ci guida in un viaggio attraverso atmosfere oscure e richiami al post punk uniti a delle sfumature new wave. Diversi brani, come Hard to say o la stessa title track, ricordano lo stile dei Joy Division, soprattutto di Closer e di alcuni singoli, ad esempio Atmosphere; a creare questa somiglianza contribuisce molto anche la tonalità della voce di Luigi Battaglia, unita ai sintetizzatori che sfumano tra le chitarre ed il taglio volontariamente ripetitivo delle melodie. Si possono rintracciare rimandi ad altre band, dai primi album dei Killing Joke ai The Cure, che restano però relativi: non è una band ancorata al passato, ma anzi c’è una buona reinterpretazione personale dei generi secondo quello che è lo stile sviluppato nel corso del tempo.
Non ci sono canzoni esplosive, dirette; la sezione ritmica risuona forte ma non prende il sopravvento, rimane dritta seguendo il suo percorso, creando nella maggior parte dei casi una continuazione diretta tra i pezzi. Elementi caratterizzanti, portati anche dalle nuove consapevolezze nate nel corso di otto anni, sono il profondo dolore e la profonda preoccupazione che permeano i testi, percepibili anche nella distorsione che risuona dall’unione delle varie parti melodiche. L’insieme va a comporre uno sfogo che tocca varie tematiche, non solo personali ma anche relative all’attualità, in alcuni casi andando a coinvolgere l’umanità intera: Humanity is Dead, già dal nome poco rassicurante, ad esempio, va a parlarci degli effetti dannosi che egoismo ed insensibilità possono avere.
Andando a creare un insieme così compatto nella successione dei pezzi, si presenta però un problema: per chi non conosce le motivazioni dietro la scrittura o il mondo da cui proviene la band, non è scontato il riuscire a comprendere da singole canzoni estrapolate dal contesto l’effettivo significato che queste cercano di trasmettere.
È un album complesso, non si può negare; ascoltandolo emerge però dietro ogni brano una nuova consapevolezza, una crescita dovuta ad uno sguardo differente sul mondo. C’è molta forza espressiva, ma una volta terminato di ascoltare l’album sembra esserci comunque una mancanza, come se non si riesca ad arrivare ad un coinvolgimento tale da riuscire a comprendere del tutto il lavoro della band; per questo il complesso non risulta abbastanza convincente, soprattutto considerando le aspettative verso un disco nato dopo così tanti anni di silenzio.
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La recensione The Bones Of The Earth di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-05-29 18:05:00
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