Un ep lieve fatto di pop ben prodotto. Laila Al Habash si racconta e contorna le sue emozioni di dettagli.
La nascita artistica di Laila Al Habash si collocava nel momento in cui l'itpop era sull'orlo di iniziare la sua parabola discendente. Tre singoli con Bomba Dischi nel 2019, e poi un lungo silenzio. Nel frattempo c'è stato un cambio di casacca -discografica-, l'ingresso in Undamento, e la pubblicazione della perla Rosè, con Tatum Rush. In questo ultimo anno Laila ha lavorato con due accompagnatori d'eccezione, tali Stabber e Niccolò Contessa, e Moquette è il suo primo ep.
Le sue canzoni hanno cambiato le tinte dei vestiti, ma nella sostanza sono rimaste come erano. Intorno a uno stato d'animo cantato in modo sincero vengono ricamati momenti collaterali, particolari contingenti. Le storie crescono naturali, seguendo melodie non sempre brillantissime, ma efficaci. Laila scrive sotto l'influenza di Joan Thiele ormai, autrice che ha tanto da insegnare a tutti, nonché compagna di label. Come lei ha accolto con entusiasmo la direzione urban del nostro pop; come lei ama citare Mina -"Io non ti conosco/ Io non so chi sei/ Cercavo un po' di sguardi/ I tuoi avevano un delay che mi piaceva"- e probabilmente sono della cantante cremonese gli occhi che si stagliano in copertina.
Nel suo quarto d'ora di durata Moquette sale e scende un paio di volte nei toni e nei modi; dopo aver allungato gli occhi sulle proprie ansie, flirtando con loro in mezzo alle tastierine minimali de I Cani, la voce si accascia sull'ironia ingenua di Soffice, traccia dall'occhio acceso che scherza su chi "osa" avere troppe emozioni. L'ep è finito in un soffio, non arriva mai a sconvolgere, ma nei pochi movimenti che pratica finisce per lasciare un senso di ordinata bellezza. Laila è in cammino, sulla buona strada.
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La recensione Moquette di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-03-04 01:23:00
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