Il progetto Zenìa-Folk Immaginario può essere considerato a tutti gli effetti un esperimento combinato di musica e letteratura. Nora Tigges e Massimiliano Felice hanno deciso di inventarsi un luogo, un posto della mente chiamato Zenìa. Poi lo hanno messo sulla terra, stretto fra le montagne e il mare; ne hanno inventato la lingua, i suoni, le tradizioni provando in un disco di otto brani a raccontarne la storia e le leggende.
Suoni e Storie di un paese immaginario è questo, un pazzesco racconto di fantasia ma acceso da un realismo che solo la musica può spiegare. Un esperimento linguistico e folkloristico che parte da zero, completamente studiato a tavolino e finalizzato a restituire a chi ascolta una parte di quel luogo della mente che i due autori hanno consolidato nella loro immaginazione. E così ci perdiamo in mezzo al folk tradizionale di un posto che non esiste e ascoltiamo una lingua inventata di sana pianta, esattamente come se stessimo leggendo una versione musicale de Le città invisibili di Calvino o percorrendo Il deserto dei tartari di Buzzati ma senza il filtro di chi racconta, bensì con quello di chi abita quei posti da sempre. Ghemaya Zemà, Vulje Valje, Shu Vi: tutti titoli a noi incomprensibili ma pieni di magia e di esoterismo musicale.
Il disco-libro degli Zenìa è un percorso mistico attraverso la musica e la poetica di un non-luogo, una prova di forza della superiorità del linguaggio musicale su tutto. Parecchio affascinante. E perfettamente riuscito.
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