L'Esistilenzialismo non esiste, come tante parole che appaiono nei testi di questo disco: la prima opera tendente al pop nel senso stretto del termine di Luisenzaltro, più vicino all'arte concettuale che alla canzonetta. Eppure, il primo brano del disco, Disorgarmonia, sembra comunque piuttosto convenzionale, con testi disillusi stesi su strumentali da band abbastanza canoniche, seppur con un suono che può far storcere il naso: impreciso, con dei fuori tempo non quantizzati, fastidio che viene via lungo l'ascolto del disco, quando prende piede la consapevolezza che si tratti di scelta stilistica.
Il pop, dicevamo, che sembra lontanissimo dalla discografia di Luisenzaltro e invece suona potentissimo in Ticket Restaurant, un po' Bluvertigo un po' Daft Punk, con synth giocattolosi e chitarrine funky. La convenzionalità, la normalità, la prevedibilità, d'ora in poi, dimentichiamole: in Tutto È Reale Ma Inventato la componente ritmica è data dagli archi e ci porta più dalle parti di Battisti (eccola tornare la canzone popolare di cui sopra).
I testi farciti di neologismi – il mio preferito è Disintestregherai, da Have a Nietzche Day, melodicamente figlia degli Afterhours –, modi di dire, luoghi comuni smontati, formano una serie di aforismi che spiazzano, ma non chiedono comprensione, chiedono spazio e basta, vogliono raccontare tra le righe una realtà parallela in cui questi termini esistono, ma non esistono le frasi fatte delle madri al telefono – Decostromanticosmonamour – e in cui il significato soccombe al suono.
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