Il labirinto danzante del produttore bolognese Ich.Bin.Bob è una voluminosa avventura che si srotola per oltre un’ora di musica fino alle radici (o ad una delle radici, ecco) della musica elettronica da ballo per come la intendiamo oggi, vale a dire fino alla scena rave inglese della prima metà degli anni ‘90, guardandola però sempre con lo sguardo che, per forza di cose, ha in sé qualcosa dell’osservatore contemporanea. Tradotto più prosaicamente, le 15 tracce nel lavoro oscillano tra una sorta di ruvida acid techno e l’ossessione meccanica dell’industrial, con una texture sonora decisamente beat oriented: gli arrangiamenti si basano in buona parte su giochi ritmici aggressivi di cassa, quella iper compressa della tekno o quella più primigenia delle drum machine acid house a cavallo tra ‘80 e ‘90, a innervare tappeti di bassline scaldati da arpeggi e risonanze, retroscena di campioni vocali e estratti di dialoghi. Rispetto alla relativa monotonia da dancefloor del materiale di partenza, le produzioni di Ich.Bin.Bob, pur basate sulla ripetizione ed evoluzione di loop, spesso trovano apertura, cambi ritmici, degradazioni della consistenza del suono e la complessità progressiva tipica dell’elettronica più tarda, per esempio di quella IDM intelligentemente parodiata in IDM: Intelligent Dance Mazurka. Esula dallo schema di partenza anche io Featuring con gli ottimi SoBeast, che insieme aBob danno vita al momento tropical rap di Spade Laser, l’unico brano cantato e da dancehall nel lavoro. Un piacevole détournement in un album incredibilmente coerente per essere così lungo e, tutto sommato, non troppo ripetitivo; certamente non un ascolto facilissimo nella sua interezza, ma una buona colonna sonora ad alto tasso di energia cinetica per i momenti giusti della giornata, sogni o trip ad occhi aperti e, si spera, una buona nottata davanti ad un muro di casse.
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