Non servono molte parole quando si compone un pezzo del calibro di Carapace, seconda traccia del bellissimo Habitat di Daniele Carcassi. Già perché, senza giri di parole o mezze misure, qui siamo di fronte a uno dei migliori lavori dal punto di vista della musica sperimentale italiana da, almeno, un anno a questa parte. E per capirlo, come ricordato prima, "basta" ascoltare Carapace. Un pezzo che la summa dell'artista cresciuto tra Bologna e Firenze, un movimento lento, eppure costante, di suoni, riverberi e echi che finiscono per esplodere nei cuori e nelle orecchie degli ascoltatori. Un lavorio di grande eleganza e sapienza quello offerto da Carcassi qui.
Questa è musica sperimentale, certo ma è concepito per essere "digerita" e compresa anche dall'ascoltatore casuale. E, intendiamoci: non è che per farlo rinunci ad essere ricercata e concettuale, anzi ma persegue questa via proprio nell'affermazione, costante e coraggiosa, di queste sue peculiarità. Un lavoro veramente magnifico che sarebbe bellissimo da poter ascoltare in qualche piccolo club. La dimensione intima infatti, ascolto dopo ascolto, si fa sempre più preponderante in un album come questo.
Aspettando tempi migliori molto probabilmente passerò agosto con Habitat nelle orecchie e nelle vene. Perché le cose belle, da soli o in compagnia, vanno sempre promosse, provate e amate no?
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