M.E.M.E. Le Domande Dopo 2021 - Rock, Psichedelia, Progressive

Le Domande Dopo precedente precedente

L'esordio dei romani M.E.M.E. è uno sterminato oceano sonoro dalle mille idee racchiuse in soluzioni compositive spiazzanti e dense di contenuto

Poche storie: siamo di fronte a una delle migliori band italiane in circolazione. È un giudizio affrettato? Siamo solo al primo disco? È vero, per carità. Però è anche vero che poco importa, se la sostanza di un album come Le domande dopo sprigiona un mondo intero fatto di continenti sonori diversissimi tra loro eppure perfettamente sposati l'uno con gli altri in un oceano di idee, intraprendenza compositiva senza timori reverenziali verso nessuno, savoir faire esecutivo, voglia di stupire ma con la concretezza delle più sagge intenzioni e non attraverso le solite e sterili apparenze.

Le domande dopo, l'esordio discografico dei romani M.E.M.E, fa letteralmente paura. Quella paura – e quell'ansia – che divora i protagonisti di queste nove roboanti storie di formazione distopica tardo adolescenziale, individui nel pieno della propria formazione caratteriale in una realtà che di reale ha sempre meno al cospetto della graduale dispersione delle identità. Una dissoluzione che si fa materia rintracciabile attraverso un corpo sonoro che rapisce, ammalia, incanta, incuriosisce, attira verso di sé e poi travolge tutto con la potenza tellurica di una varietà espressiva disarmante.

Non devono trarre in inganno, quindi, le inflessioni prevalentemente Radiohead e Muse dei primi vagiti conditi in acido, perché le ritmiche prog e i tempi dispari sono subito lì dietro l'angolo ad attendere la prossima vittima da infarcire con bagagli di soluzioni tutt'altro che convenzionali. Non è un caso, infatti, se a fare immediatamente capolino sono sprazzi funky, venature anche soul e R&B ma solo per un passaggio verso soluzioni prog tendenti al grunge più duro e tetro (tra i Nirvana di In utero e i Melvins di Houdini), ballate art rock dalle forme sinuose che mutano in incubi hard con profili metal – a tratti anche un po' Timoria di 2020 SpeedBall, se vogliamo – e deliri noise – più Marlene che Sonic Youth – con atmosfere slowcore, oscuri trip lisergici alla Tool e capogiri free alla Motorpsycho delle origini corretti dalla maturità più attuale (un brano come 3018 racchiude alla perfezione la quintessenza del discorso). C'è anche spazio per aperture melodiche intrise di alternative alla Anathema ma con diramazioni shoegaze, così come di anfratti acustici e – a dare il colpo di grazia sull'altra sponda – telluricità disarmanti alla Zu in salsa rap malandata.

Fosse stata accessibile una produzione migliore nell'architettura della ripresa sonora, faremmo seriamente fatica a tornare sulla Terra dopo il primo ascolto. Sta di fatto che, almeno fino ad ora – e non vi è ripensamento alcuno nel sostenerlo – Le domande dopo si presenta come uno dei dischi più incredibili usciti nel corso di quest'anno, uno di quegli album che, vuoi o non vuoi, fai fatica ad allontanare per quanto elevata è stata la capacità di toccare corde emotive e ideologiche particolarmente intime e delicate.

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La recensione Le Domande Dopo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-11-09 18:12:24

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