Esistono delle band che, di punto in bianco, riescono a sintetizzare quanto è successo prima di loro. Con eleganza, efficacia e la giusta dose di faccia tosta. Sempre in bilico, ma vincenti. Sempre prog, nell’anima. I Room With A View appartengono a questa ristretta ma multiforme schiera di gruppi: sudore, meticolosità, originalità ma, soprattutto, Musica nel sangue. Molto difficile dire esattamente che diavolo suonino. Ci provo, con beneficio di boiata – come sempre, quando si appiccicano etichette.
Dark-metal (si, forse) velato ed intelligentissimo che ha assorbito, come una spugna, tutto il meglio che c'è stato dalla new-wave inglese (essa stessa, in realtà, un non-genere popolato da mille rigagnoli differenti e quindi una sensibilità più che una traccia) in avanti, passando per il metal più melodico e gli anni '80 presi tutti interi - escluso, ovvio, il lato plastificato, di quel decennio.
Tecnicamente sono entusiasmanti - soprattutto la ritmica magistralmente diretta dal nuovo batterista Piero Arioni, uno scriteriato dei tamburi -, vivacissimi, compatti come una colata di cemento, eclettici nell'approccio armonico e nella strutturazione dei brani. Vibranti e monolitici quanto basta. Emozione dark, appunto, ma di quel dark bello, affascinante, produttivo. Tendente all’albeggio, via. Un po' malinconico e un po' titanico. Non ditemi i Cure: si, anche loro – per l’occhio strizzato a certe linee melodiche. Ma oltre, un bel po'. Oltre nel senso di “anche altro”.
Romani inventati dal chitarrista e leader Francesco Grasso con alle spalle un disco, “First Year Departure”, sanno mettere assieme un taglio decisamente popolare del genere - molte le tracce del disco che "si fanno ascoltare" anche da un pubblico non propriamente addicted al metal - in un solco lievemente epico e cimiteriale che non dispiacerà a chi ha sempre guardato allo scandinavian metal e alle sue produzioni. Proprio lassù, mi pare, hanno fatto mixaggio e mastering con il superbo lavoro di Jens Bogren (già Katatonia, Millencolin, Pain of salvation e via elencando).
Ma intendiamoci: il tutto da assimilare cum grano salis. Eh si, perché i Room with a view sono quanto ci si potrebbe aspettare da un post-metal (?) che tenta di trovare una sistemazione più levigata, "ascoltabile", ibrida – senti “Friction”. Spendibile. Non a caso arriva anche una spruzzata jazzy a chiudere il disco (“Remembering Our Goodbyes”). Come a dire: facciamo questo, ma potremmo fare di tutto. Stupire senza l’approccio bruto ma, anzi, grazie all’efficacia sonora, al suono sempre imprevedibile e comunque pesante, heavy.
Per tutti quelli che vogliono cambiare strada musicale - aprire lo sportello, strappare l'autoradio che trasmette solo plastica, buttarla in mezzo alla strada, installare un nuovo stereo. E chiedere alla donna, ogni tanto, di mettersi pure quel mefistofelico slip di pizzo. Nero, ovviamente. Da poter siflare till morning comes.
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La recensione Collecting Shells At Lighthouse Hill di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-01-30 00:00:00
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