Qualche settimana fa vi abbiamo raccontato di come Gli Endrigo hanno deciso di cambiare nome, modificando solamente l'articolo determinativo, e dando un significato politico a un qualcosa che, come hanno affermato loro stessi, avevano scelto un po' per pigrizia. Con tanto di manifesto programmatico hanno così dichiarato la nascita de Le Endrigo. Il gesto è stato apprezzabile, soprattutto per la dose di rischio di tirarsi addosso accuse di appropriazione naif di alcune battaglie del femminismo. Per questo la band bresciana ci ha tenuto a mettere le mani avanti, specificando che si tratta di un gesto minuscolo, fatto da chi in passato è stato in prima persona parte del problema del machismo, in particolare nella scena rock. Hanno fatto le cose come si deve.
Ora però che la teoria ha sedimentato nelle nostre teste e ci siamo fatti un'idea sul senso dell'operazione, deve parlare la musica. Le Endrigo esce come album di semi-inediti. Sei canzoni su dieci sono state fatte uscire tra dicembre 2019 e marzo 2021. Da Infernino in poi si era capito che qualcosa stava cambiando, che la direzione stilistica dei Nostri stava andando sofisticandosi. Ma forse non pensavamo così tanto. E nonostante il corpus centrale del disco fosse già disponibile - svelato durante tutti questi mesi - ora tutto assume un senso nuovo.
Il disco non è solo composto da pezzi scritti bene e dagli arrangiamenti in parte deliziosi, ma ha anche una grande struttura che ne fa risaltare i chiaroscuri. Meno classici rock, più gioco di generi che si alternano con intelligenza. Anni Verdi e Korale, agli antipodi per atmosfera e racconto, fanno da cuore pulsante per quanto riguarda le ballate, e coprono le spalle a Il cazzo enorme di chi suona, il migliore degli inediti, sussurrato mestamente e dall'ironia sottile ma mai compiaciuta; Smettere di fumare col suo andamento sghembo è un gioco che sta tra i riff dei Vampire Weekend e l'emo più sguaiata. Funziona davvero tutto alla grande.
Funziona tutto perché la band ha capito che è inutile farsi da soli la morale con insopportabili spiegoni sotto forma di canzone. Molto meglio giocare a scardinarsi nei proprio punti di forza. E così lo strano gusto lirico dei primi due dischi è stato mantenuto e allo stesso tempo sconvolto. La voce di Tura sale sempre di più ed esplora le strade del pop, le tastiere e gli archi non fanno altro che portare ricchezza e complessità. Ossa rotte, occhi rossi era una mina ad orologeria, ma ora siamo proprio su un altro livello. Il gioco si fa meta-musicale quando Le Endrigo si mettono a pensare che effetto farà questo cambiamento sui loro fan, e lo fanno con un pezzo che dal vivo sarà usato come una "pausa pogo, come ai vecchi tempi".
Le Endrigo è un disco che dice un sacco di cose, e le dice bene, senza mai avvinghiarsi ciecamente ai temi sociali. Anzi, prendendosi un rischio di eccessiva estetizzazione, mette fronzoli qua e là, e con questo guadagna forza e bellezza. Gabriele, Matteo e Ludovico sono cresciuti tantissimo, e noi siamo felicissimi di questo.
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