Dieci granitiche corse verso un nu-metal pericolosamente accompagnato sul crinale con lo screamo-core, e condito da sferzanti chitarrone post-hardcore che “coprono” tutto il copribile in termini di pervasività degli arrangiamenti. Detta così, il primo disco dei catanesi None Of Us potrebbe apparire non molto digesto: ed infatti non lo è, se consumato in porzioni eccessive. Per distillarne qualche aspetto positivo va assorbito con calma, aggiungendo ascolti su ascolti e, soprattutto, in dosi limitate. Non più di due/tre pezzi per volta. Almeno per chi, del genere, non sia un estimatore geneticamente programmato.
E così, nella posologia che vi indico, vi renderete conto che tutto sommato è un lavoro piuttosto maturo e che - in un genere nei meandri del quale dozzine di band sconfinano e sguazzano ridicolmente - dà il senso di un gruppo che invece è cosciente delle proprie potenzialità tecniche e, pur non rinunciando ad un approccio molto pesante – sviluppato in particolare nella prima metà del disco -, prova a variare. Un approccio “migliorista”. Anche se notevolmente impaludato dallo sguardo tutto volto verso gli Usa. Non spreca dunque le proprie cartucce dando alla voce carta bianca sull’urlo scatenato sempre-e-comunque (ma un ampio e sgradevole ventaglio di grugniti non manca, Chino Moreno docet), ma le impone – ed impone conseguentemente alle linee melodiche, che a tratti ridiscendono in un più fruibile post-rock – qualche velato compromesso (“Breathing The Silence” oppure “Twice Again”), in cui l’impasto voce-arrangiamenti salta fuori oggettivamente corposo ed efficace. Stesso discorso per i continui saliscendi ritmici o, come dire, “atmosferici” (“Bleeding Through”, “Cold”, davvero notevole) o per la convincente (ovviamente, nell’ottica-None Of us) cover dei Pixies (“Debaser”).
Insomma, questi non rivoluzionano proprio nulla: da una parte siamo negli ambienti Deftones più scalmanati e, dall’altra, in quelli At The Drive In – con le pinze del caso - e fanno una musica che darebbe fastidio alle orecchie di otto ascoltatori su dieci pescati a caso in mezzo alla strada. Ma avvincerebbero sicuramente il 20% rimanente. Peccato che i testi (e nei contenuti, e nell’inglese piuttosto elementare) siano scarsi e, oggettivamente, secondari rispetto all’impianto sonoro. Un buon gruppo, tecnicamente perfetto ma il genere deve avvincervi, altrimenti vorreste distruggere lo stereo al primo play. Stop.
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