L'immaginario di Kubrick spinge Alessadro Di Stefano ad abbracciare il nome d'arte DeLarge; dopo cinque anni di esperienza e maturazione, l'inizio del decennio coincide con la presa di coscienza di potersi confrontare con un progetto più ambizioso: nasce così “Mad Weekend”, primo album ad opera dell'artista del Lago di Garda.
Sono dieci gli episodi che compongono una proposta d'ascolto dai contorni robusti e concreti: il discorso attorno alla doppia H beneficia di stanze sonore arredate con coerenza, non appiattite da uno stile conformato ma abbastanza caratteristiche da portare avanti l'intera esperienza con organicità. È un disco a tratti ermetico, sicuramente intimo nei risvolti e nelle storie che racconta: DeLarge si aggrappa al suo vissuto per concederci una visione dall'interno, al tempo stesso personale ma condivisibile dal fruitore, che a sua volta può ritrovarsi nel riflesso di quanto viene cantato. Tutto funziona manifestando una poetica propria, che può piacere o meno ma ha dignità da vendere e totale autonomia rispetto a forme musicali che potrebbero generare molta influenza, se non altro per gli allori discografici conquistati.
Il nostro, invece, in “Mad Weekend” si ritaglia la sua personalissima comfort zone, sofferta ma vissuta dal primo istante a seguito del clic su “play” fino a quando sopraggiunge il silenzio. Un long play di tutto rispetto, con idee e che merita ulteriori sviluppi, magari osando qualcosa in più, se si presenta la giusta occasione.
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