Il nuovo esordio del cantautore ferrarese è un disco intenso e sconvolgente, autentico e pieno di speranza. La fotografia di un'Italia ferita, ma capace di resistere
Una panda con i fanali accesi percorre una strada circondata dalla campagna, lasciandosi alle spalle i nuvoloni di un temporale. Si tratta di uno scatto inedito di Luigi Ghirri, scelto personalmente da Vasco Brondi per la copertina di Paesaggio dopo la battaglia, il suo "nuovo" esordio dopo i quattro lavori firmati Le Luci Della Centrale Elettrica. Il celebre fotografo emiliano ci ha lasciato in eredità oltre diecimila foto di Lucio Dalla e la copertina di Epica Etica Etnica Pathos dei CCCP (solo per restare in ambito musicale). Ma questo pandino che spunta dalla tempesta è un'immagine potente, metafora di un'Italia che resiste, un'icona di speranza tutta tricolore.
Paesaggio dopo la battaglia si compone di dieci brani prodotti insieme a Taketo Gohara e Federico Dragogna. Dentro ci sono un'infinità di musicisti e un'orchestra di archi e fiati diretta da Enrico Gabrielli e Nicolai Freiherr Von Dellingshausen. Ma soprattutto c'è un Vasco Brondi rinnovato, intimo come mai prima d'ora, autore di canzoni e dispensatore di un immaginario autentico e ormai perfettamente riconoscibile. L'ultimo anno Vasco lo ha passato a Ferrara, ha ripreso contatto con i suoi luoghi e con le sue origini, accelerando quel processo di interconnessione tra l'uomo e il mondo circostante che già aveva caratterizzato i lavori precedenti. Spirito e materia, musica e meditazione, la ricerca della pace nelle piccole cose quotidiane, la natura, un mare di ricordi.
Un insieme di elementi che hanno dato vita ad un disco che si apre con la splendida "26000 giorni", che sembrano pochissimi ma rappresentano quello che in media vive la popolazione mondiale. La nostra non è altro che una comparsata, ma siamo qui per rivelarci, non per nasconderci. Tuttavia, la penna di Vasco inizia ad essere emotivamente febbrile nel brano Città aperta, vera e propria letteratura in musica in cui il solito fiume di immagini scorre attraverso un romanticismo adulto, figlio di maestri come De Andrè e Battiato: "Ci sarò sempre per te, attraverso le ere cosmiche, da una vita all'altra infrangendo leggi fisiche". Le capacità narrative del cantautore ferrarese non le scopriamo certo oggi, ma ascoltando la title-track notiamo una certa facilità di farci "sentire" il presente molto più nitida rispetto al passato: Brondi ci racconta l'Italia di oggi, che corre in bicicletta in missione per una multinazionale, un'Italia in rianimazione che non riesce a respirare, e ancora Fra ristoranti e cuori sempre aperti, carceri affollati, scavi interrotti, concesse le visite ai parenti. Una meraviglia che fa il verso a De Gregori, ma sempre di meraviglia parliamo. Dai fiati patriottici si passa ai cori in stile Lumineers di "Mezza nuda", per lasciarci poi soffocare sotto le melodie baustelliane di "Due animali in una stanza", altra piccola perla di romanticismo e cruda realtà, in grado di rapirci il cuore e prenderlo a pugni sul pavimento. E No, non è più come prima, forse è ancora meglio di prima.
Ma il passato torna sempre, e si fa sentire con una consapevolezza enorme in "Chitarra Nera", probabilmente il capolavoro definitivo di Vasco Brondi. Un dialogo immaginario con una persona scomparsa, una storia lancinante che ripercorre interi anni di vita, un torrente di parole e immagini che si schiantano su un arrangiamento minimale e oscuro, senza metrica e senza forma. Brividi e lacrime.
Il finale è affidato a "Il sentiero degli dei", altro brano attuale e profondamente esistenziale, in cui praticamente chiunque può ritrovarsi con semplicità. Brondi immerge il brano in un moderno panismo dannunziano, in una percezione del mondo esterno estremamente umana e quindi legata al cosmo, alla natura, al vivere quotidiano: "Piove sul nostro amore, sugli alberi del viale di cui ti sembra di sentire l'odore, piove sui delfini del porto canale, sulle sirene che senti passare, corrono verso l'ospedale del mare", ricordandoci che dopotutto siamo solo forme di vita sul terzo pianeta del sistema solare.
Paesaggio dopo la battaglia è un disco concreto, una nuova prima volta che si manifesta attraverso un cantautorato sempre più narrativo ma centrato. Un disco di speranza e di resistenza in grado di lanciarci a tutta velocità su un'altalena emotiva che, a voler essere sinceri, non si è mai fermata dal 2008 in poi. Sono passati tredici anni da quell'esordio, ma abbiamo ancora gli occhi rossi e la gola in fiamme.
---
La recensione Paesaggio dopo la battaglia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-05-08 10:14:00
COMMENTI