Non è che sia un esercizio difficile o arduo lasciarsi trascinare in una danza, anche piuttosto sguaiata e sincopata, da un pezzo quale Trip, seconda canzone di questo Alone di Durmast. Tuttavia, se questo lo potete appurare anche voi semplicemente schiacciando play, bisogna rintracciare i motivi del perché, quel pezzo lì (e anche altri) funzioni dannatamente bene.
Dopo svariati ascolti credo di avere capito il perché e si può rintracciare in una scampolo della biografia dello stesso artista marchigiano: "Un batterista che ha bisogno di melodia, accompagnandola con ritmi minimali e incalzanti passando per generi breakbeat, synthwave, ambient". Ecco perché il ritmo qui proposto è tanto calzante e primitivo da un lato ma anche ricercato e controllato dall'altro. Perché a proporcelo è un batterista che, per sua stessa natura e, diciamo così, ruolo è perennemente in bilico tra "tribalismo" e "accademia", tra brutale scoppio di furore animale e glaciale controllo della situazione quasi matematico.
Anche se Alone non parte come "meriterebbe" (infatti le prime canzoni sono, almeno per mio gusto personale, quelle meno convincente) a livello generale stiamo parlando di un ottimo lavoro che ti spinge a ballare e pensare (appunto a riflettere sul perché questi ritmi ti piglino così tanto bene). In un periodo come questo, in tutta franchezza, non chiedevamo di meglio.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.