Negli ultimi due anni Margherita Vicario ha costruito, singolo dopo singolo, un repertorio solido e riconosciuto, mostrando ogni volta un lato diverso della propria capacità interpretativa. Essere cantante ed attrice insieme è un bonus, perchè la sua voce si porta dietro una espressività rara, vestita da canzoni che, è lampante, si scrive addosso al millimetro.
Bingo esce quando buona parte delle canzoni ha già fatto il suo percorso: almeno sette di queste le abbiamo già sentite in radio, al Primo Maggio, a Heroes, nelle nostre playlist. Eppure, questo disco non perde l’effetto sorpresa: Bingo è un album vero, anzi, molto meglio, è forte come un disco nuovo ma leggero come un greatest hits. I pezzi che conosciamo e amiamo fanno sorridere il cervello alternandosi con le canzoni nuove e la curiosità che ne deriva.
Vicario gioca senza paura con le lingue, i generi e i temi: scrive pezzi cantautorali come fosse una rapper ma un attimo dopo sfotte i cliché del rap tirando anche in mezzo due esponenti di livello come Izi e Speranza. Canta in francese e greco antico, sterza dalla trap alla dance nel tempo di due versi e viceversa, duetta con una popstar come Elodie analizzando il rapporto tra uomo e donna – XY, scritta con la penna di platino Davide Petrella –, mostra le fragilità parlando della fama in DNA (Oh Putain!), per fare subito dopo la faccia tosta e tirare di nuovo fuori la vena polemica e politica, facendo nomi e cognomi.
Sessualità, femminismo, integrazione – Mandela, che nella versione in vinile guadagna la intro che esegue dal vivo – ma anche il laicismo sorridente che in Troppi Preti Troppe Suore lascia cantare ai bambini, proprio come le canzoni da parrocchia. C’è tanta Roma, nel leggero irresistibile accento e nella tenerissima Pincio, e ci sono attimi di malinconia, come la commovente Come Va, vero diamante del disco e antidoto a una pesantezza emotiva che ci ha colpiti tutti.
Un disco divertente, variegato e, soprattutto, per niente patinato, nè nel cantato nè nelle produzioni di Dade che si diverte come un bimbo alle giostre con suoni nuovi ad ogni traccia, con la complicità di una interprete che fa sul serio ma non si prende sul serio, usando gustosi trucchetti come le seconde voci che dissacrano quelle principali, ad esempio gli “ah si? Interessante! e sticazzi?” in Piña Colada o le “sporche” di Abauè (Morte di un trap boy).
Se Bingo rappresenta il momento in cui la fortuna ci porta alla felicità dopo una lunga ricerca, questo è l’album perfetto per raccontare il percorso verso la messa a fuoco di una delle migliori cantautrici del nostro nuovo pop, ben lontana dall’apparenza fine a sè stessa, ma con profonda attenzione ai contenuti, raccontati con leggerezza. Nell’intima Come Noi, Margherita, circondata da archi, si interroga sul ruolo dell’artista, chiedendosi “Ad ispirare le persone, dimmi, come si fa?”
Beh, con dischi come questo. Bingo!
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