Ascoltare Chasing Euphoria, EP d’esordio dei trentini Chumbucket, è stato come ritornare al fulcro dei miei 14 anni, quando gli ascolti alt-metal di Deftones e compagnia costituivano una costante dei miei pomeriggi. Dalla traccia d’apertura The Lighthouse, che richiama il lato più metal dei Linea 77, fino al termine del disco, l’atmosfera è quella dell’alternative metal americano dei primi anni duemila. Un’impresa non facile, quella di cimentarsi con un genere che ha avuto il suo picco di popolarità quasi due decenni fa.
Al netto della nostalgia adolescenziale, dunque, questo tuffo nel passato dei Chumbucket è riuscito? Un po’ sì e un po’ no. Uno degli aspetti che più tarpa le ali all’intera uscita è un mixing non eccelso, che non riesce a far risaltare al meglio le buone idee – che pure ci sono – contenute nei singoli brani: le canzoni non riescono a raggiungere la giusta tridimensionalità e finiscono per suonare piatte. A questo bisogna aggiungere un pizzico di eccessivo già sentito: alcuni passaggi sembrano tratti dal compendio del perfetto metallaro degli anni duemila, mentre un po’ di sfrontatezza e audacia nel riproporre queste sonorità non può che far loro bene.
Queste mancanze non nascondono però completamente le buone idee contenute nel disco: pezzi come la già citata The Lighthouse, oppure la drammatica Afterbirth dimostrano una personale vitalità, frutto di intuizioni interessanti e della non scontata capacità di saper dare una direzione – per quanto a volte un po’ troppo scontata, come già detto – al proprio sound. Questo lavoro rivela le potenzialità dei Chumbucket, che potranno essere sviluppate e approfondite nei loro prossimi dischi se sapranno riuscire a concretizzarle in musica.
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