Sonorità acustiche ed elettriche abbracciate, tra canzoni spontanee e composizioni strumentali.
Viaggiare alla ricerca di sè stessi è un po’ un cliché, ma in questo caso mi sembra perfettamente in linea con Post-Amarcord, il secondo disco del varesino Gaspare Pellegatta. Me lo immagino viaggiare senza la colonna sonora perfetta, suonandosela nella mente, per poi farne un album, una volta tornato a casa.
Tennent’s sgasate, Aerei, articoli di Gene Gnocchi sui giornali e litigate affrontate con leggerezza e realismo, tutte quelle piccole cose che quando diventano ricordi sembrano grandi ed importanti, che raccontiamo agli amici sfogliando le foto – ora in digitale, s’intende – delle vacanze, qui sono diventate otto canzoni originali, che non somigliano a niente altro. E sarebbe troppo facile scegliere Yashica – che, per i più giovani, era una marca di macchine fotografiche – come brano manifesto dell’intero disco, ma è proprio così, perchè ogni canzone è una diversa macchinetta usa e getta i cui scatti non sono passati da Photoshop ma dallo studio di registrazione.
Un rock che non è rock, non è integralista, con le influenze dell’elettronica, della dance, del funky, qualche violino ad accarezzare le melodie come fosse vento in una macchina verso la meta di villeggiatura. Un album figlio di un progetto più grande – una fanzine DIY, un disco di rework di Yashica – che avrebbe retto benissimo come album strumentale, per la ricercatezza dei suoni, ma con il testo racconta, appunto, questo viaggio che coinvolge in maniera più che credibile.
All’inizio sembra Le Luci Della Centrale Elettrica sotto regolatori dell’umore, passando per episodi rilassati alla Kings Of Convenience e poi appaiono metriche sorprendenti che ricordano Lo Stato Sociale, ma già al secondo ascolto appaio soltanto impressioni: la scrittura è personalissima. Tra cambi di tempo, giochi di stili sovrapposti e inafferrabili, acustica ed elettronica abbracciata, anche la composizione ha qualcosa di mai sentito prima, con melodie apparentemente abbozzate e spontanee.
Tra racconti dell’estate passata, di un viaggio lontano, che mentre l’ascolti hai voglia di fermarti all’autogrill, prima di aprire gli occhi e accorgerti che no, sei soltanto a casa con le cuffie. E magari, alla fine del disco, un viaggio inizi a programmarlo anche tu.
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La recensione Post-Amarcord di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-06-03 00:00:00
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