Audaci. Estremamente audaci, i veneti Mür Mür. Innanzitutto perché sono solo in due e, nonostante ciò, riescono a tirare fuori tanti bei suoni: per quanto aiutati dalle “macchine”, dai synth, ciascuno di questi due fratelli suona praticamente tutto, e diremmo anche bene. Audaci, inoltre, perché propongono un disco autoprodotto di 52 minuti e passa che contiene anche, mossa pericolosissima, pezzi strumentali: è già difficile tenere incollato qualcuno allo stereo per tre minuti cantati come Dio comanda, figuriamoci se non c’è neanche la voce. Ci riescono in pochi, e i Mür Mür ci provano, si buttano. Coraggiosi, dunque. Ma non abbastanza. Portano tante, troppe cose tutte insieme e non rendono tangibile il flusso musicale a cui hanno dato vita.
Una vera e propria inondazione di suoni: basso funk che esalta solo per un attimo, bei ritagli di synth e di campionamenti vari, gradevoli charlestone di riempimento, schitarrate anche in levare, in certi punti. Ma restano flusso, non prendono forme concrete, non bussano alla spalla di chi ascolta per costringerlo a girarsi verso di loro. Non si intromettono nella discussione di chi beve la propria birra, neanche se seduto in prima fila.
Stiamo parlando di cinquantadue minuti di suoni-fiume, quasi un monotraccia, nonostante ce ne siano ben 13, di tracce. Il fatto è che scorrono lentamente, con pigrizia e sembrano non finire mai. Rimangono in sottofondo, come tutti i suoni che hanno studiato con cura. Come la voce, che sbuca da lontano e rimane ancora più lontana, piccola, tanto debole da portare a destinazione ben pochi dei messaggi contenuti nei testi. Coraggiosi e audaci e bravi. Ma ancora troppo deboli e monolitici.
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