Fabrizio Bonanno Anthology 2006 - Progressive, Metal, Hard Rock

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Fabrizio Bonanno non ama che stia troppo zitta, la sua chitarra, né che parli sempre la stessa lingua. Per questo la tormenta da oltre diciotto anni. Mi dà l’impressione d’uno che ascolta, sceglie, si macera, rielabora e poi sforna. Prende quella chitarra e le fa attraversare molti generi musicali. Artigiano del suono e del tocco, passa dal progressive all’hard rock, dall’heavy metal al pop per finire in suggestioni multietniche. Effetto finale: una specie di post-romanticismo mischiato ad ambientazioni metropolitane, con puntine di esotico. La chitarra-lavatrice è accesa. E tu sei nel cestello, in piena fase risciacquo. Non è la “washing machine” che preferisco, quella di sonica memoria, ma diciamo che riesco ad apprezzare il detersivo. Il programma di lavaggio dura tutti e diciotto brani di quest’antologia, che raccoglie il frutto di vari anni di collaborazioni e cd pubblicati. Più che un crossover, è un vero multitasking: Wounded Knee, Arcane Vision, Equiseti, Rabatabuse e Rainbird, solo per dire alcuni dei gruppi cui Bonanno presta la sua chitarra. E poi Ozzy Osbourne, Dream Theater, Def Leppard, certi Riff, Black Sabbath ,Fates Warning, Hendrix, Queensryche, solo per dire alcuni dei mostri sacri da cui Bonanno ha preso in prestito la sua chitarra.

I brani danno la misura di tutto il lavorio stilistico che Bonanno ha compiuto per migliorare la sua indubbia abilità tecnica. Ma la chitarra gli occorre più di quanto non gli serva la voce. Sì, perché il suo cantato, a volte in italiano, altre in inglese, è debole, lontano dall’impatto che dovrebbe/ vorrebbe creare. Veicolo, semmai, per far conoscere a chi ascolta che lui non sa solo suonare la chitarra, ma anche comporre testi. Ok. Prendiamo atto. Però lasciamoli alla voce d’altri, quei testi, sicuramente complessi, un po’ contorti e fantasiosi, come figure che popolano oscure foreste gotiche di certa letteratura o anime da fiaba araba (vedi “Il Bosco”, “Nerone”, “Mediterranea”).

Risciacquo finito. Lavatrice spenta. Rimane la sensazione d’aver ascoltato qualcosa di funzionale a qualcos’altro. Come tra l’altro dichiarato dallo stesso Bonanno. Brani nati, in parte, per essere colonne sonore di video, mostre e così via. Sarà per questo che la melodia tende all’enfasi, seppur complicata, indurita e resa cattivella (mai cattiva) più per sfizio che per reale intenzione. Voglia d’ epico, d’enfatico che scivola sulla pelle senza penetrarla.

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La recensione Anthology di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-02-13 00:00:00

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