‘Sonny and the Stork live at Mad House’ rappresenta un esempio delle possibili risposte all’inerzia forzata della pandemia, un live senza pubblico che, come tutte le registrazioni live, regala qualcosa in più e offre qualcosa in meno rispetto al materiale studio di partenza. Il materiale è appunto quello di Sonny and the Stork, duo piemontese chitarra e batteria che da circa cinque anni spazia tra hard blues, garage e psichedelia raccontando in italiano la sua visione del conflitto tra individuo e società, le pressioni e le idiosincrasie della vita nel XXIesimo secolo. Una formula che di base si presta bene alla sincerità del live: parecchi brani della sestina, tratti dai precedenti ‘Nihil difficile volenti’ e ‘Dimenticati e ritrovati’, ne guadagnano in groove e in movimento, sono un po’ più svelti e briosi, le chitarre suonano fresche e dinamiche, grondano gain e rumore. L’effetto generale, però, perde d’impatto rispetto alle versioni studio; vuoi perché per forza di cose la voce in qualche momento risulta più affaticata, vuoi semplicemente per un mastering che non spinge abbastanza e vi costringerà a girare parecchio la manopola del volume per un ascolto come si deve. Forse sarebbe stato opportuno qualche piccolo ritocco inizio di produzione, sacrificando un po’ di quella autenticità del live che, comunque, è difficile trovare lontano dei palchi. Intendiamoci, ben vengano sperimentazioni e manifestazioni di vitalità in un periodo come quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, ma tra i dischi in studio di Sonny and the Stork e i live “in presenza” passati e futuri, il live at Mad House non è un ascolto imprescindibile.
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