L'epopea di Fiume, lo scatto di un D'Annunzio che vide la sua effimera Reggenza Italiana del Carnaro svanire sotto le bombe della stessa Nazione per cui pretendeva di combattere, un Natale amaro che chiudeva un'Impresa di sangue nel sangue. Un periodo del tutto particolare, una città come sospesa tra le pagine della Storia, conquistata dalle armate di un poeta, teatro sostanzialmente unico in cui inscenare l'amore e la passione di due dannati d'appendice scivolati nelle crepe della società, legionario lui, Mata Hari lei.
Ed allora a Cesare quel che è di Cesare. Gli Ianva, formazione che conta su membri di gruppi come Helden Rune o Spite Extreme Wing, hanno confezionato un concept album stimolante, sfaccettato, bello. Uno di quegli album che fanno presa col tempo, come gli alcolici forti. E se anche i messaggi alla radio, l'inizio di "Vittoria Mutilata" o lo stile di "Fuoco A Fiume" richiamano il cosiddetto apocalyptic folk, "Disobbedisco!" si rivela molto più vario ed ispirato. Un disco che riesce ad essere poetico, ricercato anche quando scarabocchia con rossetto troppo pastoso e forte figure senza dubbio lontane dal realismo di un Monicelli. La cura è evidente in ogni aspetto dell'opera, dalla scrittura dei brani ai testi, dalla partecipazione di Andrea Chimenti nei panni di D'Annunzio alla presentazione dell'intero progetto Ianva e dell'etichetta fondata dai suoi membri, Antica Fonografia Il Levriero.
E così il bel "Tango Della Menade", il "Sangue Morlacco" e la "Vittoria Mutilata" ripercorrono gli episodi salienti della storia dei due personaggi, il Maggiore Cesare Renzi ed Elettra Stavros, tratta dal libro "Mai Così Colmo Di Vita". E se anche le immagini rievocate suonano a tratti artefatte come i colossal indiani, una finale "O' Surdato 'Nnammurato" ci riporta alla mente come un'intera fetta della nostra cultura popolare sia in fondo giocata su colori pieni e sapori speziati. Bravi.
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La recensione Disobbedisco! di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-04-26 00:00:00
COMMENTI (1)
Album spettacolare. Si gusta col tempo, sì. Impressionante la ricerca linguistica e stilistica.