Un universo di storie semplici ma di sentimenti universali, di note pesanti per melodie leggere, di racconti senza tempo per chi ha tempo per ascoltarli.
Si chiama Tiny seeds il secondo lavoro solista di Dinelli, artista di lungo corso, che ha attraversato migliaia di chilometri prima di approdare a questo lavoro. Tredici tracce, tutte originali tranne All my life che è un tributo a Evan Dando, Cantante dei Lemonheads.
Si tratta di un lavoro che già dalle prime note possiamo definire come vellutato, morbido e accogliente. Il sound è acustico, con un arsenale di chitarre acustiche in bella mostra, pianoforte subito dietro a dare corpo, basso, contrabbasso, batteria, percussioni e violoncello. Nonostante questa formazione l'album ha un range molto ampio che parte dal folk per arrivare al post rock. La voce, indiscussa protagonista, è corposa, iper intonata con belle modulazioni e ottima interpretazione, che contribuisce decisivamente ad alzare il pathos dell'ascolto.
A colpire sono le tematiche, classiche storie personalissime eppure universalizzate con successo. Partiamo dal doppio punto di vista padre/figlio di Father e Rosellin in cui prevale la fragilità, la delicatezza e al tempo stesso il distacco che naturalmente si crea tra un giovane che inizia la propria vita e un adulto che pian piano inizia a vedere la fine della propria. Un rapporto fatto, come è giusto che sia, di speranze disattese, di orgoglio paralizzante ma comunque di amore profondo e senso di protezione.
Proseguendo, c'è il tema della perdita come in Forgiven e Stars dove l'amore per una persona amata che viene a mancare scatena un universo di sentimenti e sensazioni: dalla rabbia al senso di interruzione improvviso, passando per il senso di vicinanza postumo e l'affetto senza tempo. In ogni caso la via d'uscita, l'elaborazione di questi lutti sembra essere il dialogo, anche se immaginario, con la persona che non c'è più, una specie di lettera alla memoria, in cui sistemare tutto ciò che è possibile sistemare e imparare ad accettare ciò che invece si è rotto per sempre.
Tema ricorrente è l'amore finito, come in Back into the den, dove la fine di una storia lascia strascichi di insicurezza e paura di un nuovo abbandono, che costringono a fare un passo indietro, pur senza chiudersi alcuna porta alle spalle. Di amore finito parla anche Poisoned, del matrimonio dell'artista, finito dopo 13 anni. Finito per colpa di nessuno o forse di entrambe le parti in causa, perché quando qualcosa non quadra il rischio reale è che i rapporti si avvelenino e tutto faccia male, tutto venga fatto con una vena di rancore piuttosto che per amore. Ancora di amore disatteso parla Endless optimism con il senso di rottura irreparabile, di tradimento e disillusione che però possono essere affrontati come trampolino per ripartire da capo.
Tiny seeds è, in conclusione, un lavoro maturo con un sound avvincente, frutto di un lavoro di produzione pulitissimo e di arrangiamento e missaggio felici, a monte. Forse l'unico appunto è la mancanza di una o un paio di canzoni metronomicamente più sostenute, che avrebbe dato una spinta in più all' ascolto che comunque risulta fluido e molto piacevole. Sembra musica da lunghi viaggi, sembra che si completi con l'andare dei chilometri sotto le ruote. La voce e l'ambient di tutto il disco a volte sembrano sfiorare nella memoria, la produzione acustica di Eddie Vedder, con un pizzico di senso di disperazione in meno, che non guasta mai. Notevole la quantità e la qualità di armonizzazioni sulla linea melodica vocale originale, corredo e plusvalore da non sottovalutare.
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La recensione Tiny Seeds di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-09-01 16:19:14
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