Il flusso di coscienza di Carlo Barbagallo.
Scritto e registrato in cinque giorni, tra fine marzo e i primi di aprile del 2018 alla residenza Busca di Borgomale, nel mezzo delle Langhe. Buttato giù d’istinto, di getto: due pezzi al giorno, senza guardarsi indietro. Carlo Barbagallo on fire con l’aiuto di Maurizio Busca, Francesco Alloa, Andreas Lundeberg e Riccardo Salvini. Tutto bene? Non proprio. La sensazione che, al termine di quella maratona, mancasse qualcosa, che ci fosse più di un dettaglio da sistemare, da rivedere, da inserire al posto giusto si è fatta largo sin da subito. L’ex Albanopower ha così deciso di rimettere mano al tutto, ma con calma, senza lasciarsi prendere dalla fretta, con il lockdown pronto a scompaginare i piani. E, alla fine, BorgoMale è riuscito a materializzarli.
Con nove pezzi che non hanno un filo conduttore. Fatto salvo un flusso di coscienza che scorre ininterrotto tra richiami jazz, psichedelici, post rock, kraut, inseriti tra chitarre di ispirazione hendrixiana, venticelli radioheadiani, concreti riferimenti a una Canterbury più viva che mai. Si spazia da pezzi orecchiabili come l’opener A Dealer’s Friend, sia pur drogato dai caotici spasmi introdotti poco prima del finale, a una clamorosa cavalcata (Ants) di oltre quindici minuti di durata, lenta, meravigliosamente ipnotica, acida e magnetica. Alla pari di una One to Four, un blues malato scritto tra le dune di un deserto esistenziale secco e polveroso.
Nel mezzo una serie di discese all’inferno con relativi ritorni, un universo disegnato a tinte fosche ma anche no, riferimento non casuale all’energia profusa da Down Lover’s Lane (un altro bluesaccio, meno psych, però) o da Acio. Carlo Barbagallo ha scelto di essere se stesso, niente di più, niente di meno, con quei suoni poco rassicuranti e al tempo stesso stupefacenti, buoni a prenderti a calci nel di dietro. Ogni tanto ci vogliono anche quelli. Tanto meglio se ben assestati.
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La recensione BorgoMale di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-09-28 18:17:00
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