Un album che prima suona come una girlband postatomica e poi come una confessione a tarda notte
Nella nuova musica italiana degli ultimi anni, tra i punti fermi che più mi fanno impazzire è la pluralità di voci femminili che si sono imposte con identità forti e definite. In questa playlist del girl power italiano, con Vicario, Elodie, Michielin, cmqmartina e – per fortuna – tantissime altre, ci infilo senza dubbio alcuno i Queen Of Saba. È un duo, vero, ma la voce femminile è centrale nella narrazione del loro primo album, Fatamorgana.
Le canzoni sono tutte delle potenziali super-hit anche radiofoniche, con una produzione tutt’altro che patinata, ma solida, granitica. Un basso d’oro e una cassa che porta avanti le canzoni senza lasciare tregua al piede che non può che battere. Suonini 8-bit qua e là e deliziosi divertissement – come Bach suonato da un campione che pare una paperella di gomma, da purissima arte del cazzeggio.
È tutta una via di mezzo tra gli anni ’20 e gli anni ’00, dai suoni a quell’immaginario pubblicitario da Festivalbar – Alghe Guam – e su quel palco questi pezzi non avrebbero sfigurato affatto, con quell’ardire danzereccio che parte da Cosmo, si fonde con la sfacciataggine e l’ironia di Lily Allen, e diventa un po’ Destiny’s Child molto meno seriose. Mi vengono in mente le Wooden Chicks, esperimento parodistico di Paola Cortellesi: praticamente le Lollipop sotto steroidi – ed è un complimento, anche perché quanto sarebbe bello avere un singolo di una girl band italiana dal titolo Supplì con quel piglio e quella melodia incredibile?
Il bello di queste nuove voci femminili è che si esprimono senza pudore e censura, con testi come: "Che la mia saliva ti potesse aprire il cuore non lo sapevo", ma anche: "ti piacerò lo stesso anche se sono una sottona", mostrando entrambi gli aspetti del gioco di potere e seduzione, facendo da contraltare alla generazione precedente di pop femminile che parlava soltanto di "cuori spezzati e abbandoni e dolore e sofferenza e perdita”, come insegna Nick Hornby.
Quando, però, quella sfacciataggine lascia il posto all’introspezione, è poesia: La periferia cambia completamente l’ottica del disco, per poi lasciare il posto a Fulmini, sorpresa splendida, un r'n'b elettronico figlio della prima Alicia Keys, che non sfigurerebbe nel repertorio di Giorgia. Se non fosse che quella voce così potente e perfetta non renderebbe al massimo la verissima fragilità, la disarmante bellezza del testo, che sembra una confessione notturna.
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La recensione Fatamorgana di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-06-25 02:03:00
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