D'amuri e raggia è l'ultimo disco di Maurizio Chi, cantautore classe '83 di origini catanesi, da qualche anno emigrato in Australia, dove è nato questo lavoro, anche grazie all'aiuto di musicisti del luogo come il mandocellista Luke Wright, la cui famiglia è originaria di Lipari.
Si tratta di un lavoro in bilico tra la tradizione siciliana e il nuovo genere che sta venendo fuori in questi anni in cui il dialetto siciliano viene utilizzato come lingua viva, per raccontare realtà vive e contemporanee e che vede tra gli esponenti più di spicco Alessio Bondì e i Tamuna. L'organico strumentale scelto per queste registrazioni è volutamente orfano di qualunque strumento elettronico e abbonda invece di strumenti acustici come le immancabili chitarre, mandocelli, Ukulele, batteria e percussioni. Unici elementi elettrici sono chitarra e basso, comunque sempre clean. Il sound che ne scaturisce è molto naturale, legnoso ma pulsante e risonante. La lingua siciliana predilige poi i tempi ternari, tipici delle ballate tradizionali, quindi il monopolio pop del quattro quarti viene equamente diviso con il più ancestrale tre quarti.
I testi sono narrativamente inzuppati di proverbi e della tipica ricchezza lessicale del dialetto siciliano, che ricordiamo essere passato per un sacco di dominazioni che hanno lasciato a questa vera e propria lingua, mille sapori e colori di tutta l'Europa mediterranea, a partire dal greco, passando per l'arabo, il normanno, il saraceno e continuando con francese e spagnolo. Questa ricchezza di suggestioni basta già da sola a rendere musicale le parole, facendole acquisire quel suono riconoscibile in tutto il mondo, perché di tutto il mondo è composto.
Tra questi proverbi, quello della canzone d'apertura "La jaggia" che recita: "l'uccello nella gabbia canta per amore o canta per rabbia", che racchiude il carattere dell'uomo del sud, capace di resistere alle gabbie delle varie dominazioni, con la tipica attitudine all'accoglienza e con la secolare incapacità di cambiare il corso delle cose.
Capitolo a parte merita la voce di Maurizio Chi, una voce dalla grande estensione vocale, dall'indiscussa teatralità e comunicatività, anche quando esce dal proprio registro e ci regala dei falsetti ultra precisi e tecnicamente impeccabili. Sarebbe il prototipo del cantante tradizionale siciliano, se non fosse che le canzoni sono pensate per un pubblico contemporaneo. Sembra di sentire un Ivan Graziani siciliano, ma addirittura più travolgente e più carico di pathos.
In conclusione D'amuri e raggia è un disco molto particolare e rappresenta un progetto molto ambizioso che è quello di esportare un dialetto regionale importante come il siciliano, in tutto il mondo, partendo dalla Sidney che al momento per il suo autore rappresenta casa. Il sound generale del lavoro è ben limato e lucidato, senza però avere la patina del pop o della World music main stream. I lavori di missaggio e mastering sono stati realizzati con l'intenzione di mantenere ogni timbro di ogni singolo strumento il più naturale possibile e poi il trattamento della voce è stato perfetto, permettendo a questo fiume in piena di parole e passione di non tracimare, rischiando di sommergere le frequenze vicine.
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