Era il settembre 2001 quando su Rockit si parlò per la prima volta dei Deasonika, in occasione del loro esordio discografico che recensimmo… “aspettando che la loro musica arrivi a più persone possibili”.
Ebbene, a cinque anni distanza il quintetto si è meritatamente guadagnato il palco dell’Ariston, presentando una canzone che probabilmente non si segnalerà fra i picchi della loro produzione, ma che tuttavia rimane un ottimo biglietto da visita per quel Festival della Canzone Italiana la cui classifica finale è sempre meno in linea con la qualità delle proposte selezionate per la serata finale. Va da sé che proprio i Desonika non hanno potuto godere appieno della vetrina televisiva, ma in compenso ciò è servito a pubblicare un disco (il terzo) che si struttura in maniera atipica. Si tratta infatti di un efficace compromesso per soddisfare sia i palati esigenti dei fedelissimi, sia i nuovi arrivati dopo la trasferta televisiva in terra ligure.
Il lavoro si compone in larga parte con 10 brani (sui 14 complessivi) tratti dai primi due lavori e qui reinterpretati in una nuova veste “electroacustica”. Una scelta che i detrattori probabilmente considerano un vero e proprio stratagemma escogitato dopo Sanremo, mentre in realtà i Nostri fin dagli esordi spesso optano, in occasione di alcuni live set, per riletture acustiche dei loro pezzi. Personalmente ricordo una splendida mezz’ora in cui i cinque, nel tour di spalla ai Delta V, presentavano proprio in dimensione “unplugged” le tracce del primo lavoro, oltre ad una riuscitissima cover di “Teardrop” dei Massive Attack.
A prescindere comunque dalle definizioni, le nuove versioni convincono quanto quelle originali, essendo le (inedite) sfumature acustiche nuovi punti di forza per canzoni già splendide. Nello specifico se “Piccoli dettagli al buio” viene rallentata al punto da svelare un retrogusto quasi trip-hop (!!!), “Il giorno della mia sana follia” e “Settembre” si spogliano quasi completamente di suoni elettrici. Al contrario “La luna” e “Quello che non c’è” subiscono una metamorfosi più radicale, caratterizzate da una interpretazione “rabbiosamente dolce”.
In merito ai due inediti, piace molto di più “La mia veste” - rispetto a “Non dimentico più” - trattandosi di un brano il cui stile rispecchia maggiormente l’essenza della band. L’episodio sanremese ci sembra infatti un esperimento il cui merito principe è quello di aver portato il gruppo alla ribalta di un pubblico più numeroso. Su “Calling you”, la cover del disco tratta dalla colonna sonora di “Baghdad Café”, la sensazione è quella di un Chris Cornell dei tempi migliori – e, va da sé, il giudizio è ampiamente positivo.
Il finale di “Betrayal (00:16)”, con l’ospitata ai cori di Jaz Coleman dei Killing Joke, mantiene il suo profilo originale, ovvero di una traccia a metà tra l’industrial e il lo-fi.
In definitiva un ottimo compendio indispensabile tanto per i nuovi arrivi quanto per le vecchie conoscenze.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-04-21 00:00:00
COMMENTI (10)
i deasonika, anche senza trentacoste, sono una grande rock band. voce in falsetto inclusa.
brutta roba l'invidia.
sottoscrivo:[
ottimo disco...notevoli dal vivo (goganga 2006):[:[
quoto, come fanno a piacervi?
in effetti quella frase in inglese è veramente pietosa...ma il disco è comunque valido.
condividoooo!:]
Ma stiamo scherzando? "il quintetto si è meritatamente guadagnato il palco dell’Ariston, presentando una canzone che probabilmente non si segnalerà fra i picchi della loro produzione"...per quanto mi riguarda sono ridicoli, patetici, e mi mettono addosso solo una gran voglia di spararmi appena sveglio. I will always love u:=:=(chissà cosa gli è saltato in mente...)
:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=
cmq é meglio del chris cornell solista... :[
(lo scrivo perché so che ti fa incazzare... :])
in senso figurato ed in grande amicizia... ma gli darei due ceffoni al cantante quando canta in falsetto...