Mezzo secolo passa in fretta. Ti giri un attimo a guardare i tuoi vent’anni e non li trovi più. Non trovi i tuoi punti di riferimento, i tuoi eroi. La vita è una ruota, tutto gira ma può succedere che le cose tornino al loro posto. Non capita spesso, è vero, ma quando capita... Caronte, per esempio. Uscì cinquant’anni fa, all’epoca fu salutato come uno dei dischi più significativi di quel 1971 nonché dell’intera scena progressive tricolore. I Deep Purple, Jimi Hendrix, Emerson, Lake & Palmer come fari illuminanti, Joe Vescovi alle tastiere, William Gray alle chitarre, Arvid Anderson al basso, Pino Sinnone alle percussioni. Pino Sinnone è l’unico superstite del gruppo e di quel concept album epocale. La nuova vita dei Trip non poteva non ripartire dalla sua voglia, ancora intatta, di picchiare forte sulle pelli di una batteria. E da nuove complicità. Quelle di Andrea Ranfa, Carmine Capasso, Andrea D’Avino e Tony Alemanno.
Caronte 50 Years Later, quando un titolo spiega tutto. I Trip del 2021 hanno ripreso in mano il vecchio progetto rimettendolo a nuovo, togliendo qualche grammo di polvere, lucidando con cura il tutto. Anche se non c’è una differenza così netta (artwork della copertina a parte) tra l’album di allora e quello di oggi. È vero, l'opener, Acheronte, è stato aggiunto quasi a voler aggiungere un’introduzione che allora non era stata prevista. Poi potremmo soffermarci su qualche particolare: nella nuova Two Brothers, per esempio, mancano quei rumori, presi dall'asfalto di chissà quale strada, che avevano caratterizzato i primi istanti del pezzo originale. Per il resto tutto scorre come cinquant’anni or sono, con la medesima scaletta. E l’aggiunta delle nuove versioni di Una pietra colorata (meno inflessioni beat e più rock), tratto da The Trip, l’album di esordio del 1970, e del coevo Fantasia, che uscì solo come singolo.
Certo, Caronte 50 Years Later ha dalla sua, com’è logico che sia, un suono più attuale e fresco, oltre a una voce, quella del già menzionato Andrea Ranfa, che dà l’impressione di affrontare il percorso con maggiore aggressività. Ma Caronte, in fondo è rimasto lo stesso: immortale e senza tempo. Ecco perché siamo ancora qui a parlarne. E ad ascoltarlo.
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